11 Giu, 2024 | Corsi 2024, Formazione, Terza di Copertina
L’intervento in emergenza è una peculiarità del volontariato, in qualsiasi contesto: sociale, sanitario o ambientale. È questo che lo rende protagonista del welfare italiano le cui stagioni si rinnovano in maniera sempre più vertiginosa.
CSV Napoli pertanto, vista la grande richiesta di partecipazione alle precedenti edizioni e l’alto livello di gradimento manifestato dai partecipanti, apre le iscrizioni al corso di formazione BenESSERE Psicosociale con lo scopo di dotare il volontariato degli strumenti necessari a tradurre in azioni la propria mission e valorizzare le attitudini nell’esercizio della solidarietà, rafforzando doti e skill.
La scelta di rinnovare questo percorso formativo nasce dal fatto che tante sono state le realtà di Terzo settore della città metropolitana di Napoli, soprattutto quelle impegnate nella protezione civile, che hanno espresso il bisogno di formare i propri volontari su questi temi per aiutarli ad individuare le cause dello stress e a fronteggiare i rischi ad esso connesso.
Per sviluppare consapevolezza rispetto alla complessità di un intervento verranno fornite indicazioni sul funzionamento mentale in emergenza, sul ruolo della Psicologia dell’emergenza e le tecniche di fronteggiamento teoriche e pratiche, utili a prevenire eventuali disturbi. L’iniziativa si rivolge a tutti coloro che intervengono in contesti critici, per supportare il volontario nella sua attività ma è utile anche ad aiutare la popolazione colpita dall’emergenza, nella comprensione dei bisogni delle persone soccorse.
L’attività formativa è gratuita. Per partecipare compilare l’apposito form online sul sito www.csvnapoli.it accedendo direttamente all’Area Riservata, registrando la propria anagrafica e quella del proprio ente (se non già censiti) e poi sarà possibile iscriversi al corso entro e non oltre il 19 giugno 2024. Ad accoglienza della candidatura, i partecipanti riceveranno via e-mail la scheda in ingresso la cui compilazione consentirà di accedere all’attività formativa.
Per saperne di più scarica la locandina
11 Giu, 2024 | In evidenza
Supportare l’azione sui territori di chi è impegnato a promuovere il diritto a un cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti. È questo il cuore del recente accordo siglato tra CSVnet, l’associazione che riunisce i 49 Centri di servizio per il volontariato (Csv) e Slow Food Italia Aps, l’organizzazione costituita da oltre 260 associazioni che operano su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di dare il giusto valore al cibo, praticando e diffondendo il rispetto verso chi lo produce in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.
Una parte importante della collaborazione riguarda infatti la promozione di accordi specifici fra i Csv e le diramazioni territoriali di Slow Food, al fine di realizzare iniziative di formazione per i volontari e lo sviluppo di strumenti che consentano le organizzazioni locali, anche quelle più piccole o meno strutturate, di sviluppare e gestire progetti che abbiano un forte impatto sociale.
Un altro obiettivo ambizioso è quello di mettere in rete le diverse realtà per favorire un dialogo concreto con le istituzioni al fine di concorrere alla definizione di politiche alimentari più eque e sostenibili.
“Con questa partnership intendiamo potenziare il ruolo di volontarie e volontari nel promuovere un sistema alimentare più giusto e rispettoso dell’ambiente, contribuendo così al benessere delle comunità locali e nazionali” afferma Chiara Tommasini presidente di CSVnet.
“Contare sul supporto dei Csv per le associazioni territoriali di Slow Food Italia vuol dire rafforzare il ruolo dei volontari nella costruzione di dialogo e della rete tra i cittadini, gli agricoltori, allevatori e pescatori, i cuochi, che con il loro ruolo educativo ci aiutano a scegliere e trasformare i prodotti” aggiunge Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.
Tra le azioni previste dall’accordo, che avrà durata triennale, la definizione di interventi che favoriscano il ricambio generazionale tra i volontari e l’istituzione di una cabina di regia per analizzare i bisogni delle organizzazioni territoriali.
Per saperne di più csvnet.it
06 Giu, 2024 | In evidenza, Senza categoria
Riproponiamo l’articolo di Daniele Erler per Cantiere Terzo Settore relativo al chiarimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in risposta a un quesito sottoposto dal Sottogruppo Terzo settore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e province autonome
Con la nota n. 6710 del 30 aprile 2024 il Dipartimento per le politiche sociali, del Terzo settore e migratorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha stabilito l’impossibilità per un ente del Terzo settore (Ets) di destinare il proprio patrimonio residuo ad una Onlus.
Il quesito
Il quesito, sottoposto al Ministero da parte del Sottogruppo Terzo settore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e province autonome, aveva ad oggetto per l’appunto la possibilità per una Onlus (iscritta alla relativa Anagrafe unica) di risultare beneficiaria della devoluzione patrimoniale di un Ets.
Il codice del Terzo settore prevede che un ente del Terzo settore sia tenuto a devolvere il proprio patrimonio in caso di estinzione o scioglimento, così come in caso di cancellazione dal registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) qualora abbia intenzione di continuare ad operare ai sensi del codice civile: in quest’ultimo caso la devoluzione è limitata all’incremento patrimoniale realizzato negli esercizi in cui l’ente è stato iscritto al Runts. Lo stesso codice prevede inoltre che tale patrimonio sia devoluto, previo parere positivo dell’Ufficio del Runts competente e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri Ets secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale (art. 9).
Il vincolo appena descritto ha come finalità quella di vincolare il patrimonio dell’ente che si è estinto o che ha perso la qualifica di Ets, e di farlo rimanere all’interno del “circuito” degli enti del Terzo settore, i quali godono di un regime (fiscale e contributivo) di vantaggio perché perseguono finalità di tipo civico, solidaristico e di utilità sociale tramite lo svolgimento di attività di interesse generale. L’importanza di tale previsione si comprende anche dal fatto che essa deve essere prevista obbligatoriamente negli statuti degli Ets.
Con il quesito si richiede appunto se, oltre agli Ets iscritti al Runts, anche le Onlus possano essere destinatarie del patrimonio residuo, in quanto considerate anch’esse dallo stesso codice del Terzo settore (art. 101, commi 2 e 3) come enti del Terzo settore in via transitoria.
Si ricorda che la disciplina delle Onlus (nello specifico il decreto legislativo 460 del 1997) è tuttora vigente, e sarà abrogata solo a partire dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea in merito alle disposizioni di carattere fiscale di cui al titolo X del codice del Terzo settore. A partire dallo stesso momento l’Anagrafe unica delle Onlus sarà soppressa.
Oltre a ciò, è opportuno ricordare come lo stesso decreto legislativo 460 del 1997 preveda (art. 10) per le Onlus l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre Onlus o a fini di pubblica utilità, anche qui sotto il controllo di una pubblica amministrazione (rappresentata sempre dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali).
La risposta del Ministero
Nonostante le due normative richiamate (il codice del Terzo settore e il decreto legislativo 460 del 1997) presentino indubbiamente dei profili in comune circa la devoluzione del patrimonio, e nonostante l’art. 101 del codice consideri le Onlus come Ets in via transitoria, secondo il Ministero tali elementi non sono rilevanti per la risoluzione del caso in esame, il quale deve essere letto su presupposti diversi.
Il ragionamento del Ministero si incentra sulla differente natura delle due qualifiche di Ets e di Onlus, la prima di tipo civilistico, la seconda di carattere prettamente fiscale. Tale distinzione ha dei riflessi fondamentali anche in relazione alla disciplina dell’obbligo di devoluzione del patrimonio, che per gli enti del Terzo settore si caratterizza per un regime tutorio di natura civilistica rafforzato dalla previsione della nullità (per contrarietà a norma imperativa, ai sensi dell’art. 1418, comma 1 del codice civile) degli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità del parere obbligatorio del competente ufficio del Runts.
Una simile previsione non vi è invece per le Onlus, e questo costituisce l’elemento determinante su cui fa perno la nota ministeriale. Qualora, infatti, un Ets devolvesse il proprio patrimonio residuo ad una Onlus, si potrebbe verificare la situazione in cui essa sia chiamata a propria volta a disporre del patrimonio residuo, senza però aver conseguito nel frattempo l’iscrizione al Runts. Ci si troverebbe, di fatto, nella situazione in cui tale patrimonio, che si è formato anche grazie al regime agevolativo concesso dalla normativa del Terzo settore, risulterebbe sprovvisto della tutela rafforzata costituita dalla sanzione della nullità dell’atto devolutivo.
La mancanza di una simile garanzia conduce il Ministero, sentita anche l’Agenzia delle entrate, a ritenere che un Ets possa devolvere il proprio patrimonio solo nei confronti di altri Ets, iscritti nel Runts (e come tali accomunati da un pieno assoggettamento alla disciplina codicistica in tutte le sue parti), e non anche ad Onlus iscritte ad oggi alla relativa Anagrafe unica.
© Foto in copertina di Mario Orlandi, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”
06 Giu, 2024 | In evidenza
Riproponiamo l’articolo di Daniele Erler per Cantiere Terzo Settore relativo all’obbligo annuale di pubblicazione dei contributi a non profit
Il 30 giugno scade un termine importante per quanto riguarda molti enti non profit, relativo all’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti nell’esercizio precedente, qualora questi siano pari o superiori a 10.000 euro. Il termine quest’anno slitta al 1° luglio considerando che il 30 giugno è domenica.
Ecco in cosa consista tale adempimento e quali siano i soggetti a cui si applica.
I soggetti interessati: associazioni, fondazioni e Onlus
La normativa di riferimento è rappresentata dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, in particolare i commi da 125 a 129, modificata nella formulazione attuale dal decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Decreto Crescita”), che ha disposto in modo permanente alcuni obblighi di trasparenza riguardanti i contributi pubblici ricevuti (anche) dagli enti non profit.
Importanti chiarimenti sul tema sono poi stati forniti dalle circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, n. 2 dell’11 gennaio 2019 e n. 6 del 25 giugno 2021: nonostante tali documenti si riferiscano in particolare agli enti del Terzo settore (Ets), le indicazioni in essi contenute possono ragionevolmente estendersi anche agli altri soggetti tenuti al rispetto delle disposizioni menzionate.
L’obbligo in questione si applica in primo luogo alle associazioni, alle fondazioni e alle Onlus che hanno ricevuto sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, pari o superiori a 10.000 euro, da parte:
- delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
- dei soggetti di cui all’art. 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Fra essi rientrano anche le società in controllo pubblico, così come le associazioni, le fondazioni ed in generale gli enti di diritto privato con bilancio superiore a 500.000 euro di entrate annuali, la cui attività sia stata finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.
Sono inoltre soggette all’obbligo di rendicontazione anche le associazioni di protezione ambientale e le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (che in realtà già vi rientravano in quanto appunto “associazioni”), e le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Nonostante il codice del Terzo settore disponga già per gli enti del Terzo settore (Ets) importanti obblighi in tema di trasparenza, la normativa in esame si applica anche ad essi.
L’obbligo in questione si applica, come detto, anche alle Onlus: è bene infatti ricordare che la normativa Onlus è stata sì soppressa dal codice del Terzo settore, ma tale abrogazione diventerà effettiva solo a partire dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione europea in merito al nuovo regime fiscale degli Ets.
I soggetti interessati: le società
La legge 124/2017 distingue i soggetti menzionati nel paragrafo precedente da quelli che esercitano attività d’impresa, ai sensi dell’art. 2195 del codice civile, disponendo per essi modalità di pubblicazione parzialmente diverse rispetto a quelle previste per associazioni, fondazioni e Onlus, di cui si dirà a breve.
Fra tali soggetti rientrano sicuramente le società di cui al Libro V del Codice civile, oltre che le imprese sociali costituite in forma societaria.
Il discorso si fa più problematico per le cooperative sociali, che sono sia “società” che “onlus” (di diritto): la circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha stabilito la prevalenza del profilo legato alla forma giuridica, e quindi le cooperative sociali (tranne quelle che svolgono attività a favore degli stranieri) sono tenute ad adempiere all’obbligo di pubblicazione nelle stesse forme previste per le società. Applicando tale ragionamento alle imprese sociali, si ricava che quelle costituite in forma di associazione o fondazione sono chiamate a rispettare le regole di pubblicazione previste per tali forme giuridiche.
Il contenuto dell’obbligo e il termine per la pubblicazione
L’obbligo scatta solo nel momento in cui gli enti menzionati (associazioni, fondazioni e Onlus da un lato, società dall’altro) abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10.000 euro: il riferimento è l’esercizio finanziario precedente cioè, per gli enti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, il periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023.
È importante sottolineare come non tutte le risorse provenienti dalle pubbliche amministrazioni rientrano nel plafond dei 10.000 euro, ma solamente quelle relative a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.
Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro, così come quelli dovuti dalla pubblica amministrazione a titolo di risarcimento; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione.
I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura”. La circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha precisato che si intendono quindi ricomprese anche le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà chiedere alla stessa di comunicare il valore del bene, il quale dovrà essere indicato nel rendiconto. Qualora non fosse possibile individuare una cifra precisa, è consigliabile fare riferimento a quello che è il valore di un bene simile o analogo sul mercato.
Alcune specifiche attribuzioni economiche: il 5 per mille
La novità più importante recata dalla circolare ministeriale n. 6 del 25 giugno 2021 riguarda le somme ricevute a titolo di 5 per mille, le quali non sono da considerare nei contributi pubblici disciplinati dalla Legge 124 del 2017 e non vanno quindi conteggiate nel “plafond” dei 10.000 euro.
Il Ministero ha di fatto superato quanto in precedenza detto con la circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019, e lo ha fatto sulla base di un mutato quadro normativo disposto per effetto del Decreto “Crescita”. Il nuovo testo esclude infatti dalla rendicontazione i contributi che hanno “carattere generale”: secondo la circolare ministeriale, “per carattere generale si devono intendere i vantaggi ricevuti dal beneficiario sulla base di un regime generale, in virtù del quale il contributo viene erogato a tutti i soggetti che soddisfano determinate condizioni”. In tale definizione è incluso il 5 per mille, le cui somme sono peraltro già soggette a specifici obblighi di pubblicità secondo quanto disposto dal Dpcm 23 luglio 2020 (per un maggiore approfondimento sulle nuove regole del 5 per mille, si rimanda al Vademecum sul tema).
Ulteriori precisazioni sul limite dei 10.000 euro
Ai fini della pubblicazione occorre tener conto dei contributi “effettivamente erogati”: ciò significa che vanno conteggiate solo le somme che l’ente ha effettivamente incassato nel corso dell’esercizio finanziario precedente e non quelle che sono state solamente stanziate dall’ente pubblico ma non ancora incassate dall’organizzazione.
La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha inoltre chiarito che il limite dei 10.000 euro deve essere inteso in senso cumulativo, riferendosi al totale degli apporti pubblici ricevuti e non alla singola erogazione: esemplificando, se l’ente ha ricevuto durante l’anno contributi su due distinte progettualità da 9.000 euro ciascuna (da due differenti enti pubblici), il limite dei 10.000 euro è superato e scatta quindi l’obbligo di pubblicazione di tali somme.
Le informazioni da pubblicare
La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha specificato che le informazioni devono essere pubblicate in modo schematico e comprensibile per il pubblico, individuando come necessarie le seguenti voci:
- denominazione e codice fiscale del soggetto ricevente (l’associazione);
- denominazione del soggetto erogante (la pubblica amministrazione);
- somma incassata (per ogni singolo rapporto giuridico);
- data di incasso;
- causale (cioè la descrizione relativa al motivo per cui tali somme sono state erogate: ad esempio, come “liberalità” oppure come “contributo in relazione ad un progetto specifico presentato dall’ente”).
Un fac-simile di rendiconto dei contributi pubblici può essere scaricato qui.
Le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri di cui al Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 devono inoltre pubblicare trimestralmente nei propri siti internet o portali digitali l’elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale: peraltro, sulla ragionevolezza, e quindi sulla costituzionalità, di una simile previsione, si potrebbero avanzare diversi dubbi.
Le modalità e i termini di pubblicazione
Le associazioni, le fondazioni e le Onlus (oltre alle cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri) devono pubblicare, entro il 1° luglio 2024 (la scadenza è fissata al 30 giugno 2024 ma quest’anno è domenica), i contributi ricevuti sul proprio sito internet oppure su “analogo portale digitale”. La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha ammesso, per le organizzazioni che non hanno il sito internet, la possibilità di utilizzare la pagina facebook dell’ente. Sempre secondo la circolare, qualora l’organizzazione non avesse nemmeno la pagina Facebook, l’obbligo può comunque essere adempiuto pubblicando i contributi sul sito internet della rete associativa alla quale l’ente aderisce.
Le società (comprese le cooperative sociali e le imprese sociali costituite in forma societaria) sono invece tenute a pubblicare le stesse informazioni nella nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato. Il termine è quello ordinario previsto per l’approvazione del bilancio. I soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo pubblicando le informazioni, entro il 30 giugno 2024, sul proprio sito internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.
Nonostante la normativa non stabilisca nulla riguardo a quanto debbano essere mantenuti sul sito i diversi rendiconti, si consiglia di lasciare pubblicati anche i rendiconti precedenti, posizionandoli all’interno di una sezione specifica ed in evidenza.
Le sanzioni previste
Il controllo sull’adempimento dell’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici è in capo ai soggetti erogatori oppure all’amministrazione vigilante o competente per materia.
Come conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione è prevista, sia per associazioni/fondazioni/Onlus che per le società, in prima battuta una sanzione economica pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2.000 euro, oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. Se da tale contestazione passano 90 giorni e l’organizzazione non provvede alla pubblicazione e al pagamento della sanzione, si avrà l’ulteriore sanzione della restituzione integrale delle somme ricevute.
© Foto in copertina di Lucia Montagna, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”
29 Mag, 2024 | Terza di Copertina
Si terrà a Napoli il prossimo 19 giugno a partire dalle ore 16.30, nell’Aula Multimediale del Consiglio regionale della Campania (Centro Direzionale di Napoli – Isola F13), la quarta ed ultima tappa del GIRO DELLA CAMPANIA E DEL SOCIALE, l’iniziativa promossa dal Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania in collaborazione con i centri di servizio per il volontariato della regione.
Dopo Caserta, Benvento-Avellino e Salerno tocca a Napoli chiudere il calendario degli incontri con gli enti di Terzo settore della città metropolitana di Napoli che si occupano di inclusione e con le persone con disabilità e le loro famiglie.
L’evento vuole essere occasione di incontro e dialogo per rilevare bisogni, ascoltare testimonianze e lavorare a proposte e progetti da cui partire per costruire nuove collaborazioni. I risultati dell’incontro saranno, infatti, condivisi con il Consiglio Regionale per avviare processi e progettualità sostenibili che possano garantire la crescita e la coesione dei territori in tema di disabilità.
Interverranno
Paolo Colombo – Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania
Nicola Caprio – Presidente CSV Napoli
Per partecipare è necessario compilare l’apposito form online attraverso l’area riservata del sito csvnapoli.it
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