Certificazione unica e non profit, la scadenza del 2024

Tra le scadenze da segnare in agenda per il mese di marzo c’è quella relativa alla certificazione unica (Cu) 2024 è la certificazione dei redditi che ha sostituito il vecchio modello Cud e serve per certificare, fra le altre cose, i compensi a titolo di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi nonché i corrispettivi derivanti dai contratti di locazioni brevi, corrisposti nel periodo d’imposta 2023.

Sono soggette a tale obbligo anche le associazioni, ed in generale gli enti non profit, che durante il 2023 hanno corrisposto compensi a lavoratori dipendenti e assimilati, oltre che a lavoratori autonomi (sia per prestazioni di tipo professionale che occasionale).

Le associazioni menzionate, in quanto sostituti d’imposta, sono dunque obbligate ad inviare la Certificazione Unica 2024, nella quale dovranno essere inseriti i compensi corrisposti e le eventuali ritenute e detrazioni operate su tali compensi.

La trasmissione telematica delle certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata, può avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta ovvero entro il 31 ottobre 2024.

La data cardine è quella del prossimo 16 marzo 2024 (che, cadendo di sabato, slitta per quest’anno al 18 marzo): entro tale termine si dovrà provvedere a rilasciare una copia della Cu (mediante trasmissione in formato elettronico ovvero con consegna cartacea) al percettore delle somme, utilizzando il modello sinteticosempre entro la stessa data, il sostituto di imposta stesso o un intermediario abilitato (ad esempio Caf o commercialista) dovrà inviarne copia, esclusivamente in via telematica, all’Agenzia delle entrate, utilizzando il modello ordinario.

Per completezza, si ricorda che le associazioni che nel corso del 2023 hanno retribuito compensi soggetti a ritenuta sono inoltre tenute ad inviare per via telematica, oltre alla Cu, anche:

  • il Modello 770 entro il 31 ottobre 2024;
  • la dichiarazione Irap. Non devono inviare la dichiarazione Irap le associazioni che nel corso del 2023 avessero erogato solamente compensi per lavoro autonomo professionale (quindi a professionisti dotati di partita Iva).

Nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle entrate è comunque possibile trovare tutte le informazioni e la modulistica relative alla Certificazione unica 2024.

Erogazioni liberali: come procedere con la comunicazione all’Agenzia delle entrate

Per alcuni enti del Terzo settore (Ets), vale a dire le organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps) trasmigrate nelle sezioni a) e b) del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) in quanto precedentemente iscritte rispettivamente ai registri di cui alle legge 266 del 1991 e alle legge 383 del 2000, oltre che le Onlus ancora iscritte alla relativa anagrafe unica (in quanto Ets transitori), la comunicazione relativa alle erogazioni liberali effettuate nel 2023 da donatori continuativi che hanno fornito i propri dati anagrafici e dagli altri donatori qualora dal pagamento risulti il codice fiscale del soggetto erogante, è obbligatoriamente da trasmettere entro il 16 marzo 2024 (che, cadendo di sabato, slitta per quest’anno al 18 marzo), qualora tali enti abbiano fatto registrare nel bilancio dell’annualità 2023 entrate superiori a 220.000 euro.

Nel momento in cui entrerà in vigore il nuovo regime fiscale degli enti del Terzo settore (il che avverrà a partire dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea), saranno obbligati alla trasmissione in parola tutti gli enti del Terzo settore destinatari delle erogazioni liberali di cui all’art.83 del codice del Terzo settore, a prescindere dal volume di entrate.

Le modalità di invio della comunicazione

I versamenti oggetto della comunicazione devono risultare effettuati a mezzo banca, ufficio postale, o comunque mediante i sistemi di pagamento, come le carte di debito o di credito e prepagate, previsti dall’art. 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

Per le comunicazioni da effettuare in via facoltativa (cioè quelle effettuate dai soggetti non obbligati) non è prevista l’applicazione di sanzioni, a meno che l’errata comunicazione non determini un’indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella dichiarazione precompilata della persona fisica che ha effettuato la donazione.

Non vanno invece inviati i dati relativi alle erogazioni liberali effettuate da un unico soggetto in nome e per conto di più soggetti (raccolta cumulativa con unico versamento).

Bando per il Volontariato al Sud: incontro di presentazione giovedì 7 marzo

La Fondazione CON IL SUD organizza un incontro di presentazione tecnica del Bando, riservata alle OdV e Aps interessate a partecipare e previste dal Bando. L’incontro si svolgerà esclusivamente online giovedì 7 marzo dalle ore 11:30 alle ore 12:30.

Per partecipare, è necessario iscriversi compilando il seguente modulo entro martedì 5 marzo:
modulo di iscrizione >> https://forms.gle/FCkbbrg4anSxgHja7

Il link per partecipare all’incontro sarà inviato a tutti gli iscritti il giorno prima dell’incontro. Successivamente all’incontro, saranno disponibili sul sito le FAQ per la partecipazione al Bando.

Per maggiori informazioni sul bando…clicca qui

Modello 231: anche gli enti del Terzo settore possono adottarlo

Riproponiamo l’articolo di Carlo Longari e Alessandra Tamilia – Studio Longari scritto per Cantiere Terzo Settore, relativo all’applicazione, anche per gli ETS, di uno schema di organizzazione e di gestione per contenere il rischio di commissione di reati.

Per lungo tempo ignorati dal legislatore, gli enti del Terzo Settore (Ets) hanno subito una costante crescita numerica ed economica tanto da richiedere un intervento organico di riordino del settore, realizzatosi solo con il decreto legislativo n. 117/2017 (codice del Terzo Settore). La rilevanza del fenomeno degli enti non profit ha condotto, diversi anni dopo l’introduzione del decreto legislativo 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ad interrogarsi circa l’applicabilità della “Disciplina 231” alle organizzazioni prive di finalità di lucro ed in particolare agli enti del Terzo settore.

Il decreto legislativo 231 del 2001

Il decreto legislativo 231/2001, superando l’oramai anacronistico brocardo latino “societas delinquere non potest”, ha introdotto nel nostro ordinamento la “responsabilità amministrativa delle società e degli enti”.

L’art. 1 indica con sufficiente precisione i destinatari della disciplina del decreto. Recita infatti il comma 2 dell’articolo citato che le disposizioni in esame “si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”.

Da ciò si evince che il criterio adottato dal legislatore non si fonda sul classico paradigma di esistenza o meno di una formale autonomia patrimoniale dell’ente: in tal caso, infatti, le società e associazioni prive di personalità giuridica non sarebbero dovute rientrare nell’ambito applicativo del decreto. La caratteristica fondamentale sembra essere l’esistenza di un’organizzazione, cioè di un soggetto di diritto caratterizzato da un certo grado di complessità organizzativa che, in quanto tale, si distingue dai singoli soggetti che lo compongono.

Il comma 3 aggiunge poi che sono esclusi dall’ambito applicativo della disciplina “lo stato, enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo”. L’esclusione, con riferimento a enti di tale sorta, si spiega soltanto in considerazione del fatto che, per la loro natura pubblicistica, l’estensione della responsabilità avrebbe comportato “un costo probabilmente non compensato da adeguati benefici”. In altri termini, l’eventuale applicazione a tali soggetti delle sanzioni, interdittive e pecuniarie, previste dal decreto avrebbe corso il rischio di provocare un pregiudizio per la collettività.

Tutti gli enti destinatari del decreto 231, al fine di contenere il rischio di commissione di reati, sono tenuti, seppur non coattivamente, ad adottare un “modello di organizzazione e gestione” (Mog). Quest’ultimo può assolvere sia ad una funzione preventiva ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera a) del decreto, che non a caso parla di “idoneità a prevenire reati”; oppure rispondere a una logica special-preventiva, ossia dimostrare attraverso l’adozione di un modello idoneo il “ravvedimento” dell’ente. Si delineano così due tipologie diverse di modello, uno adottato ex ante, prima della commissione del reato presupposto, e uno ex post, dopo la realizzazione del fatto illecito, nell’ottica di prevenire in futuro reati della stessa specie di quello verificatosi.

L’applicabilità del modello 231 agli enti del Terzo settore

Ampia attenzione è stata dedicata al tema dell’assoggettabilità della disciplina in esame agli enti del Terzo settore.

Gli enti non profit di carattere privato (comitati, fondazioni, associazioni o altre organizzazioni collettive che perseguono fini ideali e/o solidaristici) non rientrano certamente nella categoria pubblicistica degli enti espressamente esclusi, ma non rientrerebbero comunque nella sfera applicativa del decreto legislativo n. 231/2001 in quanto carenti del necessario “carattere imprenditoriale” dell’attività svolta, requisito attorno al quale appare essere costruito il complessivo sistema punitivo del decreto legislativo.

Tutti i dubbi interpretativi sono stati unanimemente fugati prendendo in analisi sia il dato testuale della normativa, sia l’attività svolta in concreto dall’ente. In primo luogo, il legislatore non ha esplicitamente escluso l’applicabilità della disciplina agli Ets né è possibile giungere a tale conclusione in via interpretativa, posto che all’interno dell’elenco dei reati presupposto rientrano anche fattispecie che non postulano l’esercizio di attività di impresa. In secondo luogo, il movente economico-finanziario alla base della commissione di molti degli illeciti rientranti nel campo di applicazione del decreto 231 appare perfettamente compatibile anche con enti di scopo non lucrativo, che comunque concorrono a creare utilità a soggetti che operano nell’ambito delle loro organizzazioni.

La situazione di incertezza applicativa è poi definitivamente mutata a seguito dell’introduzione del codice del Terzo settore, il quale ha previsto espressamente che l’organo di controllo dell’Ets è tenuto, laddove istituito, a vigilare sull’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto 231, qualora applicabili, e sull’adeguatezza e corretto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’ente stesso. Pertanto, da una lettura unitaria e sistematica delle norme appena citate emerge chiaramente una possibile applicazione della “disciplina 231” nell’ambito della riforma del Terzo settore.

A ben vedere, nonostante la costruzione del modello si basi sostanzialmente su una prospettiva di tipo aziendalistico, anche le organizzazioni non profit, e quindi gli enti del Terzo settore, possono a dotarsi di un Mog attraverso l’identificazione delle attività e dei processi aziendali a rischio, la mappatura delle aree a rischio reato e dei processi “sensibili”, la valutazione del risk assessment e, infine, la definizione di principi generali e protocolli specifici di controllo.

5 per mille: come le Onlus devono comunicare l’Iban di accredito

Per consentire alle Onlus ammesse al beneficio del 5 per mille di riscuotere le somme a loro destinate, nell’apposita area tematica “5 per mille”, presente sulla homepage del sito dell’Agenzia, è aggiunta, in coda a ciascun elenco, un’informativa sulla procedura da seguire per comunicare le coordinate bancarie ai fini dell’accredito sul conto corrente.

La procedura prevede che le Onlus interessate, tramite il rappresentante legale, forniscano all’Agenzia delle entrate il proprio Iban:

  • tramite la specifica applicazione che consente la compilazione e l’invio dei dati via web (accedendo all’area riservata del sito dell’Agenzia e seguendo, dopo l’autenticazione, il percorso “Servizi per – Richiedere – Accredito rimborso e altre somme su c/c”.
  • compilando l’apposito modello.

Quest’ultimo, per ragioni relative alla sicurezza dei dati, può essere presentato solo in determinati modi;

  • quale allegato a un messaggio Pec di uso esclusivo dell’interessato, trattandosi di attività non delegabile; in questo caso, il modello deve essere firmato digitalmente. Il modello può essere inviato a qualsiasi ufficio dell’Agenzia (preferibilmente, alla direzione Provinciale di propria competenza)
  • presso qualsiasi ufficio territoriale, allegando al modello copia di un documento di identità del contribuente e, in caso di delega, anche del soggetto delegato, entrambi in corso di validità.

Le Onlus che non comunicano le proprie coordinate bancarie, ovvero che non dispongono di un conto corrente, devono indicare al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con il quale l’Agenzia collabora proprio per l’erogazione del beneficio ai destinatari scelti dai contribuenti, di voler ricevere il contributo con modalità differenti dall’accredito.

Obbligo di fatturazione elettronica per il non profit

Riproponiamo l’articolo di Chiara Borghisani per Cantiere Terzo Settore relativo alle disposizioni che riguardano gli enti associativi dotati di partita Iva in regime 398

Dal 1° gennaio 2024 tutti gli enti associativi dotati di partita Iva e che hanno optato per il regime 398 sono obbligati all’emissione e alla trasmissione delle fatture in formato elettronico. Si ricorda che l’obbligo non coinvolge gli enti non profit che non svolgono alcun tipo di attività commerciale, e quindi sprovvisti di partiva Iva.

L’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti in 398 a partire dal 2019

Al fine di comprendere esattamente la portata della norma è opportuno ripercorrere brevemente le disposizioni che regolano il rapporto tra chi ha optato per il regime forfettario di cui alla legge 398/1991 e l’obbligo di fatturazione elettronica previsto dal dpr 633 del 1972.

L’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica, recato dal decreto legge 119/2018, entrato in vigore il 1° gennaio 2019, conteneva specifiche deroghe, volte a introdurre semplificazioni in ordine ai nuovi adempimenti, per i soggetti in regime 398 di ridotte dimensioni (con ricavi commerciali annui pari o inferiori a 65.000).

Per tali soggetti era prevista la possibilità di continuare ad emettere fatture nel formato cartaceo (facoltà, non obbligo).

La circolare n. 14 del 2019 dell’Agenzia delle entrate, intervenuta in materia di fatturazione elettronica, delineava due possibili fattispecie di comportamento per i soggetti in regime 398 con volumi, nell’anno 2018, superiori ai 65.000 euro di ricavi:

  • possibilità che la fattura elettronica venisse emessa dal committente “per conto” del soggetto in regime 398. Si trattava di una procedura complessa, che comportava un macchinoso recupero da parte del soggetto 398 nell’area riservata dell’Agenzia delle entrate, e che ha quindi trovato scarsa applicazione;
  • emissione diretta del soggetto in regime 398, obbligatoria nel caso in cui l’emissione fosse nei confronti di un altro soggetto in regime 398.

A prescindere dai volumi, l’obbligo di emissione della fattura elettronica è sempre stato operativo nel caso di emissione nei confronti della pubblica amministrazione.

Le ipotesi di esonero dalla fatturazione elettronica hanno visto un progressivo ridimensionamento, attutato a partire dal 1° luglio 2022 a valere fino al 31 dicembre 2023, in cui vi è stato un processo graduale di avvicinamento all’obbligo di fatturazione elettronica, abbassando il limite entro il quale godere dell’esonero a 25.000 euro di ricavi annuali. Pertanto, solo per i soggetti che nell’anno 2021 avevano conseguito ricavi pari o inferiori a 25.000, era data facoltà sino al 31 dicembre 2023 di emettere fattura nel formato cartaceo.

Per tutti gli altri soggetti (con volume di ricavi superiori a 25.000) l’obbligo di emettere fattura elettronica era operativo quindi dal 1° luglio 2022.

Dal 1° gennaio 2024 tutti i soggetti in 398 sono obbligati ad emettere fattura elettronica

Dal 1° gennaio 2024 anche la soglia dei 25.000 euro risulta abrogata; pertanto, tutti i soggetti che hanno optato per il regime 398, a prescindere dal volume di ricavi, sono obbligati all’emissione della fattura elettronica.

Oltre all’emissione del documento in formato elettronico, in relazione al tema della conservazione delle fatture elettroniche, gli enti si devono attivare per la conservazione elettronica delle stesse: questa è possibile, gratuitamente, attraverso il portale fatture e corrispettivi disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, o attraverso la sottoscrizione di un contratto con un soggetto esterno abilitato a tale servizio di conservazione.

Non vige invece il medesimo obbligo di conservazione per le fatture passive.