Decreto Salvini, Cittadinanzattiva: ci appelleremo alla Consulta

NAPOLI – “Una sequenza di misure contrarie a garanzie fondamentali per i diritti umani. Se convertito in legge, ci appelleremo alla Corte Costituzionale”. Così Cittadinanzattiva nei confronti del decreto sicurezza e immigrazione approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.
Un provvedimento che mette insieme (prima critica) il tema della sicurezza con la gestione delle migrazioni, porta a una stretta sulla protezione umanitaria che di fatto viene limitata a sei casi molti particolari, ridimensiona fortemente il sistema di accoglienza diffusa attraverso lo Sprar, la rete di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestita da comuni ed enti locali, e allunga i tempi di permanenza nei Centri per il rimpatrio da 90 a 180 giorni. Le critiche si sono levate da più parti e chiamano in causa diversi aspetti: i dubbi di costituzionalità del provvedimento, il rischio che moltissimi migranti siano di fatto spinti in una condizione di irregolarità perché privati della possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, l’impatto dei grandi centri di accoglienza straordinaria sui territori, laddove proprio l’accoglienza diffusa è quella che ottiene maggiori risultati in termini di integrazione. Sono critiche che investono dunque le misure previste, l’approccio seguito ma anche le possibili conseguenze dei provvedimenti.
Una bocciatura su tutti i fronti viene da Cittadinanzattiva: “Chiediamo che il decreto non sia convertito in legge. Altrimenti ci impegneremo perché sia smantellato davanti alla Corte Costituzionale, affinché siano ripristinati i principi di solidarietà e accoglienza su cui si fonda la nostra Costituzione”. Spiega la coordinatrice nazionale di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva Laura Liberto: “Come promesso e previsto si ricorre, in dispregio dei presupposti costituzionali, alla decretazione d’urgenza per “rispondere” ad emergenze finte e create a tavolino o, a loro volta, frutto di decenni di cattiva gestione dell’accoglienza e dei fenomeni migratori. Con il rischio questa volta di generare vere emergenze. Il decreto è una sequenza di misure che inficiano garanzie fondamentali, aprendo la strada a derive potenzialmente pericolose per tutti, e che sono inoltre prive di ogni progetto di gestione e governo dell’immigrazione. Un provvedimento che: elimina una delle declinazioni del diritto costituzionale di asilo – la protezione umanitaria (sostituita dalla previsione di permessi speciali per ragioni di salute, calamità naturali e meriti civili) – ; arriva a raddoppiare i tempi della detenzione amministrativa con la falsa promessa di facilitare e massificare i rimpatri; colpisce il diritto di difesa escludendo il “patrocinio gratuito” nei casi in cui il ricorso avverso il diniego della protezione sia dichiarato improcedibile o inammissibile; aumenta il numero dei reati per i quali viene revocata la protezione internazionale”. Oltre a tutto questo c’è l’impatto pesante sul sistema Sprar, amministrato dai Comuni e concepito “per favorire percorsi di integrazione con le comunità locali ed utile ad evitare o contenere possibili conflitti sociali – aggiunge Liberto – Così, a dispetto delle roboanti dichiarazioni d’intenti, il provvedimento rischia di aumentare da un lato il numero dei cosiddetti migranti “irregolari” e dall’altro di generare nuove tensioni”.
Critiche arrivano dal Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati, che contesta l’unificazione dei due originari decreti (sicurezza e immigrazione): “Ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna, come criminalità organizzata e terrorismo, al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate, che ben altro sforzo legislativo richiedono in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti”. Ci sono poi i passi indietro sullo Sprar e il potenziamento dei grandi centri, quelli sì fonte di tensione sui territori. “Registriamo come un arretramento sostanziale la riforma dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – dice il Centro Astalli – Viene così meno il principio fondamentale secondo cui la riuscita di un percorso di integrazione debba partire dalla prima accoglienza, come chiaramente espresso anche nel Piano Integrazione per i rifugiati del Ministero dell’interno. La Sprar, un sistema virtuoso, riconosciuto tale anche da osservatori internazionali, viene ridotto, nonostante sia l’unico sistema di accoglienza che garantisce la massima trasparenza nella gestione delle risorse. Si potenziano altresì i grandi centri per richiedenti asilo, che, come ampiamente dimostrato, non prevedendo alcun coinvolgimento delle amministrazioni locali, incontrano resistenze e ingenerano tensioni sociali”.
L’impatto dei grandi centri di prima accoglienza sui territori, dunque delle concentrazioni ampie di migranti, è anche la preoccupazione espressa dai Comuni. Sostiene il delegato dell’Anci per l’immigrazione, Matteo Biffoni: “Sono, infatti, proprio i centri come i Cas ad aver creato più malcontento tra la popolazione, per l’eccessivo impatto sulle comunità e la mancanza di adeguati percorsi di integrazione. Non sono opinioni, sono fatti, puntualmente riportati dalla stampa. Non comprendiamo il senso di questa scelta. Nei mesi scorsi sono state attivate tante e importanti collaborazioni virtuose tra sindaci e prefetti, collaborazioni che sono state l’ossatura di una gestione coordinata del problema. Anche la revisione del sistema dei permessi umanitari, secondo noi, si sarebbe potuta effettuare ma tutelando i nuclei familiari, le categorie vulnerabili e infine condizionando la concessione a una reale volontà di integrazione. Perché davanti a un sistema di accoglienza diffusa che funziona ed evita conflitti sociali sui territori si cambia completamente rotta?”. Biffoni conclude con un appello. “Convocheremo sedute straordinarie della Commissione Immigrazione, poiché è necessario vigilare sugli effetti che il provvedimento può avere sui territori”.

di Danila Navarra

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Concili-azioni, la app che aiuta le donne a gestire il lavoro

NAPOLI – Presentato presso la sala consiliare del Comune di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, il progetto Concili-azioni. Un intervento che mira a realizzare percorsi di politiche family friendly nell’ambito territoriale 17 che comprende i comuni di Frattamaggiore, Sant’Antimo e Casandrino. Uno degli aspetti principali del progetto – come è stato illustrato nel corso della conferenza di presentazione – è lo studio della situazione dell’occupabilità femminile in Campania, che serve ad evidenziare le possibilità occupazionali per le donne che scelgono di accedere al servizio. Nel Concilia point ci sono spazi dedicati a sostegno dell’occupabilità femminile. Sia per sostenere le donne che devono giostrarsi tra lavoro e famiglia, sia per quelle che un lavoro lo cercano. Non solo un luogo fisico – sito presso lo sportello antiviolenza di Frattamaggiore – ma anche uno spazio virtuale, l’omonima app – disponibile sia per dispositivi Android che Ios –, che serve ad andare incontro alle donne che non hanno la possibilità di recarsi fisicamente allo sportello aperto il mercoledì dalle 15 alle 19.30.

«L’obiettivo del progetto – ha detto la presidente della cooperativa Mamrè, Teresa Visone – è quello di agevolare tutte le donne occupate nella gestione della vita familiare e lavorativa. Nello stesso tempo andiamo a dare un incentivo anche alle donne che non riescono a trovare occupazione inserendole nel mercato del lavoro»

Plausi all’innovazione del progetto anche dall’assessore alle Pari opportunità della Regione Campania, Chiara Marciani, la quale a margine della conferenza stampa ha detto che è «una bella idea all’interno di questo accordo territoriale di genere aver immaginato l’utilizzo di una app che possa riuscire ad offrire ulteriori servizi e quindi rendere, ad esempio, il Concilia point che – ha aggiunto la Marciani – è una struttura fisica, anche virtuale e dunque anche da casa e quindi conciliando meglio i tempi di vita familiare e lavorativa».

Alla presentazione del progetto hanno preso parte, tra gli altri, il presidente di Confcooperative Federsolidarietà Campania, Giovanpaolo Gaudino, e il sindaco di Frattamaggiore, Marco Antonio Del Prete.

di Ciro Oliviero

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Comunicare il Sociale media partner del Festival della Migrazione 2018

MODENA- Umani 100%: la terza edizione del Festival della migrazione di Modena mette al centro l’inclusione e l’integrazione. Per tre giorni, da venerdì 9 a domenica 11 novembre, sotto la Ghirlandina si susseguiranno incontri, seminari, spettacoli, mostre, film, libri e, tra le novità dell’edizione 2018, il ‘Pranzo dei popoli’.
Romano Prodi, il card. Francesco Montenegro, Carlotta Sami, Ilvo Diamanti, mons. Matteo Zuppi, Claudia Lodesani, Antonio Decaro, Paolo Ruffini, Marco Damilano, mons. Giancarlo Perego, Elisabetta Soglio, mons. Erio Castellucci, Matteo Marani sono solo alcuni dei protagonisti della tre giorni che intende far incontrare e riflettere culture e persone.

Don Giovanni De Robertis, Direttore Generale della Fondazione Migrantes della Cei, spiega: “Credo che la sfida delle migrazioni oggi non riguardi tanto l’accoglienza ma la capacità di costruire un paese dove le diversità, la presenza di persone di paesi, culture e religioni diverse, sappiano comporsi in una realtà più ricca. Per troppo tempo forse abbiamo pensato che era sufficiente salvare chi annegava (e purtroppo continua anche oggi ad annegare nell’indifferenza di tanti!) in mare e portarlo in qualche porto italiano. Invece questo è solo il primo passo. La vera sfida è, come ci ha ricordato papa Francesco, proteggere, promuovere, integrare. Senza queste azioni – conclude il direttore Migrantes – non c’è vera accoglienza, anzi questa può essere addirittura controproducente”.

Luca Barbari, presidente di Porta Aperta, associazione promotrice insieme a Fondazione Migrantes, Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore e IntegriaMo, fa eco alle parole di don De Robertis: “Il Festival della migrazione cresce e vuole diventare grande con un’idea molto definita: quella di superare la fase emergenziale e puntare sull’inclusione delle per-sone che hanno trovato accoglienza e prospettive nel nostro Paese. Il tema del ‘diritto al viaggio – partire, arrivare, restare’, che ci accompagna, si focalizza dunque sul restare co-niugando diritti e doveri. 
Vogliamo dire in questi giorni che è determinante che l’Europa torni ad avere una voce chiara e netta sui propri valori fondanti e intendiamo far risuonare le parole, queste sì chiarissime, di Papa Francesco che ci spingono a proseguire il cammino sulla strada dell’inclusione delle persone che arrivano nel nostro Paese. Tenendo presente – conclude Barbari – che è anche indispensabile consentire l’arrivo in Italia in modo regolare”.

Tra le novità di questa edizione il ‘Pranzo dei popoli’ di sabato 10 novembre, con una decina di etnie che prepareranno un grande pranzo aperto a tutta la cittadinanza; “Il violino del Titanic”, il laboratorio teatrale dei ‘Cantieri Meticci’ nel tardo pomeriggio di domenica 11 novembre; il laboratorio interattivo ‘Alle radici’ allestito ad hoc per gli studenti delle superiori dal 6 al 15 novembre; il libro ‘Abbecedario delle migrazioni’ edito da Giappichelli che è stato realizzato a cura del Festival della migrazione e che verrà presentato nel corso della tre giorni modenese.

I temi delle sessioni vanno dall’inclusione nella città ai cosiddetti ‘diritti clandestini’; dall’economia all’inclusione tramite lo sport; dal contributo delle religioni alle sfide che le migrazioni ci mettono di fronte.

Il Festival della migrazione è promosso da Porta Aperta, Fondazione Migrantes, Crid del Di-partimento di Giurisprudenza di Unimore e IntegriaMo, con il patrocinio di Università di Modena e Reggio Emilia, Regione Emilia-Romagna e Comune di Modena e il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione Unipolis, Bper Banca, Conad, Menù e Coop Alleanza 3.0. Comunicare il Sociale, la rivista edita dal CSV Napoli e dedicata ai temi del Terzo settore è tra i media partner dell’evento.

Sono ben 50 gli aderenti, tra enti locali, mondo accademico e sindacale, realtà ecclesiali e religiose, associazioni.

Per saperne di più e conoscere il programma dettagliato della tre giorni www.festivalmigrazione.it

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Campania non sostenibile, andamento lento nell’affrontare le politiche ambientali

NAPOLI- Altro che città sostenibili, i cinque capoluoghi campani procedono ad andamento lento. Piccoli passi avanti e tanti piccoli passi indietro che mostrano una certa pigrizia e un’assenza generale di coraggio nelle amministrazioni locali. In Campania rispetto allo scorso anno c’è chi sale, chi scende di poco, chi crolla, ma sostanzialmente l’impressione generale che si ricava da una osservazione meno generica è che continua a prevalere un diffuso immobilismo nelle politiche ambientali. Napoli all’89° posto si piazza stabilmente nella parte bassa della graduatoria, Avellino crolla toccando la 76a posizione. Appena sufficiente Salerno al 54° posto e Caserta al 57° posto. Benevento conquista la palma per la miglior performance tra i capoluoghi campani con il 40° posto.

È in sintesi la fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2018 di Legambiente, l’annuale rapporto sulle performance ambientali delle città capoluogo realizzato con il contributo scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore. “L’insieme dei capoluoghi di provincia della nostre regione- commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania- si presentano come città apatiche, statiche e pigre. Rimpastano le giunte, cambiano gli attori ma alla fine il risultato non cambia: nessun scatto, nessuna innovazione, nessun beneficio. Quella urbana è grande questione nazionale.  Se da un lato è chiaro che dai sindaci delle nostre città si deve certamente pretendere molto più coraggio, molta più discontinuità e capacità di innovazione,al stesso tempo è il Paese che deve fare un investimento politico ed economico e mettere tra le priorità di governo un piano per traghettare le città, tutte insieme e non una alla volta, al di là delle secche. Fa da contraltare a questo scenario di pigrizia amministrativa una rinnovata vitalità sociale, un crescente numero di progetti partecipati, di reti associative, di condomini green, di cooperative di comunità. Le forme e i luoghi possono essere molto diversi, ma il principio è sostanzialmente lo stesso: nelle aree urbane, in periferia come nei quartieri centrali, c’è una tensione popolare verso un rinascimento del senso di appartenenza e uno sforzo comunitario per riappropriarsi dei luoghi e dello spazio pubblico. C’è un mondo in movimento- conclude Imparato, presidente Legambiente Campania- che crea economia green – e reclama dai decisori pubblici (locali e nazionali) scelte, coraggio, cambiamento.

Napoli con l’89° posto risulta la peggiore, superata solo da Palermo, tra le grandi città. Cresce la situazione critica sul fronte del biossido di azoto, con Napoli tra le 28 città italiane in cui almeno una centralina ha rilevato concentrazioni medie annue superiori ai 40 μg/mc, e rientra tra le sei( insieme a Torino, Firenze, Milano, Brescia, Roma ) che superano il valore limite di oltre il 50 per cento. La raccolta differenziata si assesta al 34,5%, percentuale ancora bassa rispetto alle altre grandi città a cui si aggiunge un aumento della quantità di rifiuti pro-capite prodotti tra le più alte d’Europa (oltre 520 kg per abitante, circa il 40% in più rispetto a Praga e Madrid, il 25% in più rispetto a Berlino). I numeri del trasporto pubblico con 109 passeggeri trasportati annualmente per abitante – sono ancora lontani dalle altre grandi metropoli e città turistiche come Venezia con 689 viaggi/ab, Milano 478 viaggi/ab e Roma 328 viaggi/ab. Inoltre tra le grandi città per quanto riguarda l’offerta di servizio di trasporto pubblico con 17 km-vetture/ab risulta tra le peggiori . Inoltre, una ricerca condotta da Isfort (2016) segnala come il 41,3% degli abitanti delle grandi città italiane vorrebbe muoversi di più coi mezzi pubblici mentre, parallelamente, il 32,2% auspica di poter stare meno tempo al volante. Ben tre italiane, ad esempio, compaiono tra le 20 città più congestionate d’Europa con tempi di percorrenza quotidianamente più lunghi del 40% (Roma), del 33% (Napoli) e del 30% (Milano) rispetto a quella che potrebbe essere la durata dei tragitti in condizioni di traffico normali. Inoltre Roma, Napoli, Catania e Palermo sono tra le città europee dove i cittadini hanno tempi d’attesa record alle fermate dei bus. Le statistiche di Moovit evidenziano che a Roma e a Napoli i cittadini trascorrono il tempo più lungo in bus, oltre 70 minuti, per andare al lavoro o tornare a casa. In particolare trascorrono più di 2 ore sui mezzi pubblici il 22% dei romani e il 19% dei napoletani. Sufficiente l’estensione media delle isole pedonali che arriva a 0,47 m2 per abitante. Più del 40 per cento dell’acqua immessa nella rete viene dispersa .Nota positiva l’aumento dell’estensione del verde urbano con Napoli che registra una crescita tra il 2011 e 2016 di circa due metri quadrati per abitante, passando da 11,8 m2 al 13,6 m2.

Il primato regionale spetta a Benevento che si posiziona al 40mo posto. La percentuale di raccolta differenziata raggiunge il 64 % conseguendo la maglia rosa regionale e tra le migliore città del sud. Ottima performance per la riduzione della produzione annua pro capite di rifiuti urbani (399 kg/ab), settima migliore città italiana. Unica tra le città campane ad avere un buon indice di ciclabilità con 18,70 metri equivalenti per pista ciclabile ogni 100 abitanti. Nota dolente la depurazione. Gli ultimi dati Istat relativi alla percentuale di popolazione servita da rete fognaria delle acque reflue urbane relativi al 2016 sembrano mostrare una situazione più critica con Benevento, ultima in classifica, con solo il 17% degli abitanti allacciati mentre l’acqua immessa nella rete viene perduta in percentuale pari al 38,9%.

Salerno con la sua 54a posizione in classifica raggiunge appena la sufficienza. La raccolta differenziata si assesta al 60%. Sufficiente la qualità dell’aria. Nel capoluogo salernitano l’acqua immessa nella rete viene perduta in percentuale pari al 54,9% a riprova di una situazione critica per la città. Male l’offerta del trasporto pubblico che viene calcolata con i chilometri percorsi annualmente dalle vetture per ogni abitante residente: Salerno che si posiziona in zona retrocessione per le città medie con 15 km-vetture/ab. Sono 3,5 mq totali di piste ciclabili pari a 0,24 metri equivalenti di pista ciclabile ogni 100 abitanti. Sono 0,39 mq di superficie pedonalizzata per abitante. Sono 15alberi/100 abitanti esistenti in aree di proprietà pubblica.

Sale in classifica Caserta raggiungendo la 57a posizione classificandosi a metà classifica. Sono ben 53 i giorni di superamenti quotidiani del limite dei 50 μg/m³ per il Pm10 nel 2017. La raccolta differenziata fa registrare una percentuale pari al 51% ma ancora alta la produzione annua pro capite di rifiuti urbani alta pari a 492kg/ab. Sono appena 0,11 i metri quadrati di superficie pedonale a disposizione di ogni residente mentre sono 20,2 mq di verde fruibile in area urbana per abitante. Non risponde sulla dispersione della rete mentre la capacità di depurazione pari al 93%.

Avellino crolla dalla 43posizione dello scorso anno alla 76a di quest’anno. Scarsa la qualità dell’aria dove la media relativa alle concentrazioni di polveri sottili si assesta sui 42 microgrammi al metro cubo che supera il limite per la protezione della salute umana di 40 μg/mc, previsto dalla direttiva comunitaria. E nel 2017 sono ben 49 i giorni i di superamenti quotidiani per il Pm10 nella centralina posizionata Scuola Alighieri. Viene promossa sulla depurazione con il 100% di capacità depurativa ma non invia dati sulle perdite di rete. Scende ancora la percentuale di raccolta differenziata al 30% con una produzione annua pro capite di rifiuti urbani alta pari a 478kg/ab. Zero mq di pista ciclabile. Non disponibili i dati sulla superficie stradale pedonalizzata.

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La solidarietà chiama, Napoli risponde

NAPOLI – Sabato 27 Ottobre, Piazza Plebiscito. Centinaia di giovani, in fila dalle 8:30 di mattina, hanno risposto al grido di aiuto dei genitori di Alex – Alessandro Maria Montresor – il bambino di 18 mesi nato a Londra da papà veronese e mamma napoletana, affetto da una grave malattia genetica, Linfoistiocitosi Emofagocitica. Il 50% dei bambini colpiti dalla Linfoistiocitosi Emofagocitica muoiono entro il primo mese dalla manifestazione della malattia, mentre, dei restanti, circa un terzo presenta problemi permanenti al sistema neurologico-celebrale.
Alex ora è in vita grazie ad un farmaco sperimentale, ma ha solo 5 settimane di tempo. Poi l’effetto della medicina potrebbe terminare. È urgente un trapianto del midollo osseo, ma le possibilità per trovare un donatore compatibile con quello di Alex sono 1 su 1000. Un’impresa non semplice – ha commentato Ugo Ricciardi, presidente dell’Associazione Aile, da sempre impegnata sul campo per promuovere la ricerca di questa malattia rara.
Il video di aiuto diffuso sui social dai genitori di Alex ha commosso tutti. Dopo Milano, Bologna anche Napoli ha risposto all’iniziativa solidale. Il gran cuore di Napoli si è unito in fila, intere famiglie, presso gli stand Admo (Associazione Nazionale Donatori di Midollo Osseo) si sono sottoposte al test salivare. La lunga coda si estendeva da Palazzo Reale fino al colonnato della Basilica si San Francesco da Paolo. Dopo 3 ore, i tanti giovani accorsi tra i 16 e i 35 anni , avevano già utilizzato 700 tamponi su una fornitura di 1150. Infatti durante le operazioni, commosso dalla solidarietà dei tanti napoletani, il Presidente dell’Associazione Admo Michele Franco, ha lanciato il suo appello alle associazioni di donatori di sangue « Stiamo terminando tamponi, abbiamo bisogno dell’ aiuto di tutti». Anche il Ministro della Salute Grillo ha risposto ai soccorsi, seguendo con attenzione il caso di Alex, e in accordo con il Centro Nazionale Trapianti, ha predisposto l’invio di tutti i dispositivi necessari richiesti per la tipizzazione salivare dei donatori, nel più breve tempo possibile.

Alex purtroppo non è l’unico caso che ha scosso le nostre coscienze. Tantissimi bambini si trovano tra la vita e la morte, ma un semplice gesto potrebbe dargli un futuro.
Sono tante le domande che centinaia di profili social hanno rivolto ai volontari Admo sulle loro piattaforme e, consultando il sito web dell’Associazione, possiamo rispondere ai frequenti quesiti sul funzionamento della donazione.
L’unica cura efficace contro molte malattie del sangue consiste nel trapianto del midollo osseo. Purtroppo, solamente una persona su 100.000 è compatibile con chi è in attesa di un trapianto.
Bastano due semplici passi:
– iscrizione al Registro Donatori Midollo Osseo.
-Tipizzazione necessaria, grazie all’analisi di una piccola goccia di sangue o di saliva, per ricavare il tuo profilo e aggiungerti al Registro dati.
Quasi tutti possono donare il midollo osseo, rispettando tre requisiti:
-Età compresa tra i 18 e i 35 anni
– Avere un peso corporeo di almeno 50 kg
– Godere di buona salute
E tu sei pronto a diventare un donatore? Controlla la sede Admo più vicina a te.

di Lucia La Marca

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