Così Ischia valorizza la sua storia

Nel 1981 nacque, ad Ischia Ponte,  la Pro loco avente come obiettivo la ristrutturazione della chiesa della contrada. Contemporaneamente si decise di organizzare una sfilata di costumi d’epoca. Da allora, ogni anno, il 26 agosto, in occasione della festa di Sant’Alessandro, si organizza un corteo storico che parte dal Castello Aragonese e termina presso la chiesa dedicata al Santo.
Negli anni la manifestazione, simbolo delle radici culturali e storiche del territorio,  si è arricchita di sempre nuovi costumi e figuranti, allargandosi anche a gemellaggi con altri cortei storici d’Italia.
Presenti  figuranti di ogni età, abitanti del borgo di Sant’Alessandro, ma anche isolani e turisti che vogliono avere l’opportunità di vivere un’esperienza impareggiabile.
Dapprima si fanno avanti i coloni greci (Ischia è stata la prima colonia greca del Mediterraneo)seguiti dai  romani che scelsero Ischia come isola ideale. Si alternano, poi, con i loro abiti colorati e preziosi,  rappresentanti di tutte le dominazioni che si sono alternate nell’isola:  i Ferrante, i D’Avalos ,Vittoria Colonna, l’antipapa Baldassarre Cossa , la coppia regale con Ferdinando II di Borbone.
Presenti anche figuranti con vesti rappresentative delle attività principali svolte nella quotidianeità: il pescatore, la signora che crea con la paglia  cesti, la venditrice di ventagli, il  contadino che esibisce i frutti del suo duro lavoro.

Inoltre, grazie alla rete di rapporti costruita negli anni dal Comitato Organizzatore, alla sfilata di Sant’Alessandro partecipano infatti importanti associazioni: gli sbandieratori Torri Metelliani di Cava de’ Tirreni; i “Mammuttones” figuranti del carnevale di Mamoiada in Sardegna; il gruppo folkloristico scozzese di Aberdeen, nonchè il locale gruppo della ‘ndrezzata di Buonopane.

Al corteo segue una messa nella piccola chiesetta del luogo e, poi a conclusione della manifestazione, vengono realizzati momenti di musica e degustazione dei prodotti tipici.

 

di Maria Rosaria Ciotola

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Violenza d’onore, il dossier di Pro Youth: giovani consapevoli ma servono più soluzioni

Violenza d’onore, sono stati resi noti i risultati del progetto ProYouth che negli ultimi mesi ha impegnato, per l’Italia, la Cooperativa Shannara di Portici. Progetto condiviso con Finlandia e Giordania e che ha avuto la missione di indagare quanto è compresa e riconosciuta la honour related violence, una forma di violenza di genere legata alla comunità e alla famiglia di appartenenza, in questi tre Paesi, sia tra gli operatori che tra i giovani. I risultati del progetto sono stati illustrati lo scorso 29 maggio presso l’Istituto “Carlo Levi” di Portici. In estrema sintesi: molto si sta facendo ma tanto si deve ancora fare per arginare il fenomeno e dare strumenti utili alle vittime. Un impatto utile può averlo la app legata al progetto.

Quali sono stati dunque gli esiti del questionario somministrato? I giovani coinvolti sono stati 42: 15 in Italia, 17 in Giordania e 10 in Finlandia (prevalentemente di origine irachena), di una fascia di età che andava dai 13 ai 30 per l’Italia, dai 16 ai 30 in Finlandia e dai 19 ai 45 in Giordania (per gli over 30 si teneva conto delle eventuali violenze subite in età infantile o adolescenziale). Giovani con situazioni complesse: residenti in case famiglia nel caso dell’Italia o anche senzatetto tra quelli finlandesi. Per quanto riguarda i ragazzi e le ragazze italiane, è emerso che secondo la loro opinione una perdita dell’onore si determina  – questa la risposta più frequente – nell’ambito delle scelte sessuali, sia intese come orientamenti che come relazioni extraconiugali o perdita della verginità (per la ragazze). Altri fattori indicati come ragioni di perdita del proprio onore sono: “non rispettare i propri principi o valori condivisi”, “essere coinvolti in frodi finanziarie” o “far parte di bande criminali”. Rispetto alle violenze nell’ambito del nucleo familiare o della comunità per preservare l’onore, molti intervistati hanno dichiarato di averle subite e hanno riportato di aver subito violenza fisica o emotiva, a vari livelli, da parte di membri della loro famiglia. Rispetto alle soluzioni cercate contro queste vessazioni, metà degli intervistati in tutti e tre i Paesi ha dichiarato di non aver tentato di trovare una soluzione. In Italia, una persona ha dichiarato di aver ricevuto aiuto dalla sorella mentre altri si sono rivolti alla scuola. La maggioranza degli intervistati ha informato qualcuno circa la situazione che stava vivendo. In Italia, 12 intervistati su 15 si sono aperti con una persona vicina ed hanno ricevuto aiuto mentre i restanti tre si sono rivolti alle autorità. In ciascuno dei tre paesi, una o due persone hanno dichiarato di provare troppa vergogna o hanno temuto di non essere creduti.

Tutti gli intervistati che hanno dichiarato di essere stati aiutati, in tutti e tre i Paesi, hanno ricevuto supporto psicologico. In Italia hanno anche beneficiato di protezione, alloggio, consigli pratici su come affrontare il problema e supporto economico e morale. Molti, però, hanno anche indicato carenza nelle tipologie di intervento nelle situazioni acute e la disponibilità di luoghi sicuri.
Dal questionario, con una proiezione statistica, si evince come i conflitti legati all’onore sono in costante crescita nei Paesi target ma in generale in tutta Europa; e il progetto Pro Youth mira proprio a cercare di trovare di nuovi modi per «dare una risposta unita ai conflitti relativi all’onore e nel supportare i giovani che ne sono vittima». Grazie a questa alleanza transnazionale, violenze specifiche di alcuni contesti culturali come delitto d’onore, matrimonio forzato, vengono portati alla luce lavorando prima di tutto con le vittime e le potenziali vittime. Lo scopo di questa indagine è «l’acquisizione di conoscenze su come i professionisti che lavorano coi giovani, così come i giovani stessi, percepiscono il rapporto tra onore e violenza, su cosa pensano si intenda con questi due termini, quali sono le cause, come si manifesta e come sia possibile proteggere le persone che ne sono vittima». Uno studio sulle percezioni comuni e sulle esigenze di informazione in merito alla problematica i cui risultati saranno utilizzati nel coadiuvare le organizzazioni partecipanti nella creazione e nello sviluppo di un manuale per i professionisti e di un’app per le potenziali vittime di violenza d’onore.

E proprio a proposito della app, il report avrà utilità sia nella stesura di un manuale per gli operatori che per la creazione della app per i giovani. Alla fine del questionario per i giovani, una intervistata ha riassunto ciò che ProYouth offre alle vittime di violenza d’onore, potenziali e non: «Possono esserci domande a cui rispondere per poi rendersi conto che questo accade nella tua famiglia. Allora capisci che non è colpa tua. Pensavo che tutto fosse colpa mia: sono una cattiva donna, non sono adeguata per la mia famiglia, non ho mai fatto abbastanza. L’app può aiutarti a capire che non è colpa tua».

di Bianca Bianco

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Mamadou, di corsa verso l’integrazione. La storia della promessa dell’atletica leggera, scappato dal Gambia

A 17 anni è già tra i primi venti velocisti in Italia nella sua categoria. Jallow Mamadou, classe 2006, originario del Gambia, è una promessa dell’atletica leggera, sport che coltiva sin da quando era piccolo e che qui in Italia è diventato per lui sinonimo di integrazione. E pensare che Mamadou è arrivato a Napoli, passando per Lampedusa, soltanto nell’ottobre 2022. «Quando lo abbiamo accolto qui da noi, non parlava una parola di italiano. Eppure, già durante i colloqui conoscitivi, ci ha fatto subito capire quanto correre fosse importante per lui mostrandoci delle foto in cui appariva con delle medaglie al collo. Gareggiava già nel suo paese», racconta Gorizia Olivares, coordinatrice della struttura di accoglienza per minori stranieri non accompagnati “Casa Sabir” gestita a Boscoreale (Via Cangiani 33) dalla cooperativa sociale Less. È qui che Mamadou viene ospitato, dopo aver trascorso un mese in un Cas (Centro di accoglienza straordinaria). Sempre qui, muove i primi passi di riavvicinamento verso la sua grande passione. «Subito ci siamo attivati attraverso la rete e ci siamo messi in contatto con un’associazione sportiva di Portici, dove ha cominciato a fare delle prove e, successivamente, ad allenarsi», continua la Olivares. 

Un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo – che Mamadou ha il coraggio di affrontare perché viene spinto da quella che definisce “una lunga storia” – lo porta ad approdare qui. Dopo aver perso suo padre e aver sfidato la sorte, il giovanissimo sceglie di andare via, anche perché non gli permettevano di fare una delle cose che amava di più: allenarsi. «Quando corro, sono felice», dice lui oggi attraverso la sua interprete. «Riservato, inquadrato, educato, uno che si impegna nello sport come nella scuola e fa progressi incredibili in così poco tempo» dicono di lui le operatrici che lo conoscono. Facile immaginare quale sia il sogno di questo ragazzo: «Voglio diventare un atleta professionista, ora vorrei soprattutto che qualcuno mi sponsorizzasse», riesce a dire tra molte reticenze. Lui che sì, si trova bene in Italia, anche se, tranne i suoi compagni in struttura, non ha molti amici a Napoli, perlopiù conosce persone a Roma e sui social. Perché Mamadou è sempre stato proiettato sull’allenamento. 

Al punto che non ci vuole molto a Valentina Di Matteo, allenatrice del team della Atletica Leggera Portici insieme a Gianluca De Luca, per capire che questo ragazzo ha un talento: «Mamadou ha vinto quasi tutte le gare a cui ha partecipato. Si è classificato primo sia per le gare invernali sui 60 metri, sia per quelle estive, sui 100 metri, 200 metri e staffetta 4×100. Oggi non solo è tra i primi 20 velocisti in Italia nella categoria under18 ma fa parte anche di una graduatoria internazionale. Le potenzialità ci sono ma è chiaro che è presto per avventurarci in altri discorsi. Noi cerchiamo di far crescere i nostri ragazzi prima di tutto nella mentalità, dando delle regole, poi piano piano si fa tutto il resto. Oltretutto, la pratica sportiva è recente. Ha cominciato ad allenarsi solo verso la fine dell’anno». Il traguardo sarebbe quello di fare il salto di qualità dalle gare di livello regionale a quelle nazionali, ma per partecipare ai campionati italiani, è necessario avere la cittadinanza. In realtà, la legge prevede che fintanto che sono minori, gli atleti stranieri possono partecipare e vincere, avendo anche il riconoscimento di campioni italiani. Dopo i 18 anni, possono ancora partecipare ai campionati ma senza potere essere dichiarati campioni in caso di vittoria. «La maglia azzurra resta una chimera, anche se ci sono stati casi di giovani non cittadini italiani per i quali è stata velocizzata la pratica di cittadinanza per meriti sportivi, ma non sempre è una strada percorribile», spiega Valentina Di Matteo.

Per il momento le giornate di Mamadou trascorrono così, tra allenamenti mattutini a Portici e la scuola il pomeriggio a Torre Annunziata. «Lo vediamo crescere giorno per giorno. Frequenta la scuola con molto profitto, infatti ha già conseguito il livello di Italiano A2 e l’anno prossimo frequenterà la terza media», dice Gorizia Oliveras, che oltre alla struttura di Boscoreale coordina anche le attività della comunità di accoglienza gestita dall’impresa sociale Less al centro storico di Napoli.

La sigla Less sta per “Lotta all’esclusione sociale per la sostenibilità e la tutela dei diritti”. La cooperativa sociale napoletana da oltre 20 anni è impegnata a garantire tutela, diritti e pari opportunità a italiani e stranieri. I progetti di accoglienza gestiti dall’impresa garantiscono ai richiedenti, ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati (msna, ai quali può essere riconosciuto il permesso di soggiorno fino al raggiungimento dei 18 anni) interventi di “accoglienza residenziale integrata”. «Siamo l’ente principale che gestisce l’accoglienza residenziale per minori in Campania con le nostre comunità alloggio in cui si lavora con piccoli gruppi – spiega il presidente Giulio Riccio – Ne abbiamo in gestione 9 sulle 10 complessive presenti in regione». Esattamente tre in provincia di Napoli, una a San Giorgio a Cremano e una in centro città, cui si aggiungono due in provincia di Avellino e altre due in provincia di Salerno. Complessivamente i minori accolti in queste strutture sono 200. Ragazzi che vengono seguiti attraverso percorsi di accompagnamento psicologico, assistenza legale, orientamento ai servizi e inserimento nel mondo del lavoro, sempre attraverso un progetto individualizzato, coordinato da un lavoro di équipe integrato e multidisciplinare. 

Anche se c’è ancora molto da fare per assicurare ai giovani che arrivano qui da altri paesi un futuro. Lo nota proprio Giulio Riccio: «C’è un disinvestimento sui minori stranieri che ricevono praticamente un trattamento discriminatorio rispetto ai loro omologhi italiani. Basti pensare che per l’accoglienza degli italiani si spende una cifra che può arrivare a 200 euro al giorno, mentre per un minore straniero, la quota giornaliera raggiunge appena i 45 euro. C’è una chiara violazione dei principi costituzionali, sebbene alle comunità ospitanti vengano richiesti esattamente gli stessi standard». Tra i progetti di integrazione realizzati con successo dalla Less c’è la creazione della Tobilì, cooperativa sociale e cucina multietnica, che attualmente gestisce due bistrot, uno in centro storico a Napoli, l’altro a Castellammare, oltre a fornire pasti alla mensa aziendale della Stazione zoologica Dohrn nella sede della Villa comunale. 

di Maria Nocerino

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NAPOLI, MANIFESTAZIONE IN SOSTEGNO DELLA POPOLAZIONE SENEGALESE

E’ prevista per martedì 8 agosto, con partenza alle ore 9.30 partenza da Piazza Garibaldi, il corteo organizzato dal Comitato Cittadinanza Senegalese in Campania. Il Senegal è una Repubblica Democratica e Laica dal 1960, per quarant’anni ha avuto un governo a maggioranza socialista succeduto da uno liberaldemocratico che aveva promesso di garantire l’indipendenza del Potere giudiziario, il rispetto della libertà di espressione e la Giustizia sociale.

«Dal 2012 a oggi- spiegano gli organizzatori- quelle promesse sono venute meno. L’attuale governo ha, invece, usato la macchina giudiziaria per escludere ogni potenziale avversario per le elezioni del 2019 e le prossime previste nel 2024, con dei processi accelerati che si sono conclusi con condanne che hanno escluso i principali candidati dell’opposizione. Stiamo vivendo in un clima di odio e di abusi mai visti in precedenza. L’apice di tutto questo processo è stato aver incolpato e condannato il principale oppositore Ousmane Sonko e disgregato il suo partito politico Pastef. Un duro colpo alla democrazia del nostro Paese- proseguono gli attivisti del Comitato- che ci ha portato in un preoccupante stato di arretramento politico e sociale. Diversi sono state le proteste di piazza, represse con brutale violenza contro i manifestanti. La nostra stabilità socio-politica, che rappresentava un’eccezione in tutta l’Africa occidentale, si sta disgregando e il Senegal è diviso in due, con scontri che non tendono a diminuire. Il blocco della rete internet ha provocato un danno enorme alle transazioni e alla libera diffusione di notizie».

Questa iniziativa, che si affianca alle varie manifestazioni che si stanno tenendo in molti posti, anche fuori dal Paese, è per allertare l’opinione pubblica internazionale.

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L’estate “normale” di chi resta in città e la grande risorsa del volontariato

La stretta di mano di Michele, l’anziano che incontro quasi ogni mattina e che passa gran parte del suo tempo a godersi il sole di Napoli. Il sorriso del piccolo Gianluca, impegnato nel campo estivo e troppo concentrato sui giochi da fare per sentire il caldo asfissiante. Ma anche gli occhi di Emanuela, ragazza con disabilità che vive la città con le difficoltà di chi non può avere tutta la libertà che vorrebbe e meriterebbe. L’estate napoletana, ricca di appuntamenti, di cultura, spettacoli ed eventi importanti, non sarebbe completa se non contemplasse anche loro, i cittadini che affrontano la quotidianità e vivono questi mesi nella maniera più normale possibile, come è giusto e corretto che sia. Chi fa l’amministratore comunale deve tenere conto proprio (se non soprattutto) di queste realtà, senza dimenticare mai le fasce deboli, le persone più bisognose di cure ed attenzioni.

A Napoli lo stiamo facendo, provando ad erogare servizi nella città piena di turisti, ricordando sempre che la dignità della persona va rispettata anche dando aiuti concreti. Penso, innanzitutto, ai servizi di educativa territoriale per i minori. Si tratta di una risorsa territoriale che nasce per rispondere alle esigenze di ragazze e di ragazzi che necessitano di un forte sostegno educativo ed è caratterizzato da una pluralità di interventi che prevedono lo svolgimento di funzioni quali l’ascolto, il sostegno alla crescita, l’accompagnamento, l’orientamento. In questo modo offriamo possibilità di aggregazione finalizzata alla prevenzione primaria e secondaria di situazioni di disagio, attraverso proposte di socializzazione tra minori e di identificazione con figure adulte significative.

Ecco, dunque, che il servizio educativo territoriale ha una valenza socio-psico-pedagogica molto forte, in quanto affronta con un approccio relazionale i problemi del minore, coinvolgendo tutti gli individui per lui significativi, sia che si tratti di coetanei o di adulti, basandosi sull’assunto che il minore, la famiglia e l’ambiente esterno, costituiscano dei sistemi relazionali che si definiscono e interagiscono vicendevolmente tramite lo strumento della comunicazione. Per queste ragioni il servizio può connotarsi come strumento di prevenzione, di recupero oppure di sostegno. Sono tanti i laboratori orientati in tal senso e dureranno tutta l’estate, nella consapevolezza che è necessario offrire un ventaglio di opportunità alle nuove generazioni. Inoltre, a Napoli nel periodo estivo si offrono una serie di opportunità socio-educative, residenziali e per il tempo libero, destinate a ragazzi di età compresa tra i 6 ed i 16 anni con la realizzazione di 11 soggiorni estivi con gruppi di 50 ragazzi che svolgono attività sportive/marine, laboratoriali e gioco-sport in una settimana di vita collettiva anche presso il centro polifunzionale san Francesco d’Assisi.

Tutto questo non sarebbe possibile senza un dialogo proficuo e corretto con il mondo del volontariato. Un dialogo che è destinato ad aumentare in quantità e qualità, per portare avanti quel processo di cambiamento positivo che tutti dobbiamo contribuire ad attuare, ognuno per la propria parte. Del resto, le organizzazioni di volontariato oggi più che mai giocano un ruolo di primo piano in diversi ambiti della vita civile del nostro Paese: sociale, culturale, ambientale, educativo, sanitario, civico. Proprio per questo motivo, c’è bisogno di ragionare sulla reimpostazione e ridefinizione dei rapporti fra il volontariato e le istituzioni pubbliche, a partire da quelle locali. 

Da tempo, al Comune di Napoli, sappiamo bene che i volontari non devono essere chiamati solo in caso di necessità, ignorando il loro valore nel definire le politiche territoriali di inclusione e sviluppo. Dobbiamo invece proseguire sulla strada del confronto, della collaborazione, della coprogettazione e coprogrammazione per dare sempre più risposte immediate ai nuovi bisogni. Abbiamo bisogno di essere sempre più presenti sui territori, fare in modo che non si accentuino le diseguaglianze e le discriminazioni, ridurre il divario nei sistemi educativi. Per fare questo c’è bisogno di nuove idee e nuove collaborazioni. Con il volontariato, per le comunità.

di Luca Trapanese – assessore alle politiche sociali Comune di Napoli  

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Ercolano nasce l’osservatorio sulla legalità. Buonajuto: “Idee e progetti in campo contro i fenomeni delinquenziali”

Con decreto Sindacale 63 del 01/08/2023, nasce ad Ercolano un organo consultivo con il compito di monitorare il territorio e contrastare le attività illegali e i fenomeni delinquenziali attraverso proposte dirette a tutte le fasce sociali e d’età. Nasce ad Ercolano l’Osservatorio permanente sulla legalità e la sicurezza, la lotta alla criminalità organizzata, al racket e la promozione della cultura della legalità.
“La finalità è quella di mettere in campo idee e progetti  per contrastare ogni forma di illegalità. Un osservatorio che coinvolge le associazioni di categoria, le scuole, le forze dell’ordine, le istituzioni. Una rete che condivida, collabori, dialoghi per creare percorsi e soluzioni condivise in grado di intercettare fenomeni di devianza, ma soprattutto che sappia coinvolgere i giovani su queste tematiche. Vorremmo intercettare ogni singolo minore che possa intraprendere scelte di vita malavitose” – dichiara Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano e vicepresidente nazionale dell’Anci, che presiederà l’osservatorio.
Sono stati nominati, per adesso, membri dell’osservatorio: Pasquale Del Prete, presidente associazione FAI antiracket; Gioacchino Acampora, associazione Confesercenti provinciale di Napoli; prof.ssa Eugenia Scarpa, scuola primaria dell’I.C. Ercolano 5 – Iovino Scotellaro; prof.ssa Valeria Perna, scuola secondaria dell’I.C. Ercolano 5 – Iovino Scotellaro; i consiglieri comunali Loredana Scarcella, Aniello Iacomino e Piero Sabbarese; e Nicola Vanacore comandante Polizia Municipale Ercolano.
Sono membri di diritto il Dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Portici-Ercolano; il Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Portici-Ercolano, il Comandante della Tenenza dell’Arma dei Carabinieri di Ercolano.
L’osservatorio avrà il compito di studiare e analizzare i fenomeni illegali e criminali, individuare i settori di attività presenti sul territorio a maggior rischio di infiltrazioni criminali; promuovere una diretta collaborazione tra Amministrazione, forze dell’ordine e cittadini; favorire la prevenzione, il controllo e l’intervento sui più diffusi fenomeni criminali, garantendo l’implementazione e la messa in rete dei flussi informativi.

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