Disagio minorile, Garlatti: “Punire i ragazzi non serve, occorre educare”

Non serve mettere più ragazzi in carcere. “L’approccio punitivo deve essere accompagnato da un investimento in termini educativi e di reinserimento sociale”. Ad affermarlo è Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ascoltata questo pomeriggio dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta da Maria Vittoria Brambilla.  

“Si tratta di una considerazione che è stata fatta, di recente, anche dal Tribunale per i minorenni di Trento” prosegue a margine dell’audizione Garlatti. “Il gip trentino ha sollevato questione di legittimità sull’articolo 27 bis del decreto Caivano, relativo al percorso di rieducazione del minorenne, nella misura in cui prevede per chi è sottoposto a procedimento penale una risposta giurisdizionale di tipo sanzionatorio piuttosto che una di tipo educativo”. 

L’aumento dei minorenni reclusi che ha denunciato Antigone non rappresenta un successo del sistema, bensì svela la necessità di investire maggiormente nella prevenzione. “In compenso ho accolto con favore la previsione che invece fa lo stesso decreto Caivano rispetto alla presa in carico precoce della famiglia. Questa è una delle direzioni da prendere”.  

“Andrebbe inoltre ampliato il ricorso alla giustizia riparativa e, a livello culturale, andrebbe aumentato anche il numero delle scuole che prevedano il ricorso al modello di scuola riparativa accanto al tradizionale apparato sanzionatorio. Si tratta di uno strumento di risoluzione pacifica dei conflitti, e potenziale antidoto a bullismo e cyberbullismo, che ho sperimentato direttamente come Autorità garante. Fondamentale è la lotta alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. Serve un’offerta educativa di qualità per interrompere il circolo vizioso e intergenerazionale tra la povertà materiale e quella educativa. La sfida è assicurare a tutti le stesse opportunità di accedere a un sistema integrato di cura ed educazione tra zero e sei anni”. 

Un altro ambito sul quale porre attenzione, evidenziato da Garlatti, è quello dell’aumento del consumo di alcol, in particolare tra le ragazze che emerge dalla Relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2023. In forte aumento anche l’uso di psicofarmaci senza prescrizione medica e della cannabis, seguita dalle nuove sostanze come ad esempio inalanti, solventi, cannabinoidi sintetici e altri. “Di questi dati quello che più balza all’occhio – osserva Garlatti – è un ritorno dei consumi a valori in linea o superiori a quelli precedenti alla pandemia”. 

“La rabbia che i ragazzi manifestano non deve ingannarci e farli raccontare solo per i comportamenti negativi. Piuttosto deve indurci a cercarne le ragioni. Per capirli occorre ascoltare la loro voce, analizzare i loro comportamenti e osservare come si esprimono. Se prendiamo le canzoni trap, ad esempio, ci troviamo di fronte a un genere che nasce in alcuni contesti marginali, ma è ascoltato anche da molti altri ragazzi. Si parla di rivalsa sociale, di realizzazione attraverso il lusso, di donne come oggetto sessuale, di uso della violenza e delle armi per risolvere le contrapposizioni. Attenzione però: non sto dicendo che si tratta di un’istigazione, ma il fatto che questi brani abbiano successo rappresenta un segnale che ci arriva del malessere giovanile”. 

L’audizione di Carla Garlatti si è svolta nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza. 

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Giornata della Memoria e dell’Impegno, 30 scuole italiane in diretta radiofonica per la legalità

Una radio, realizzata e condotta dalle studentesse e dagli studenti di 30 scuole italiane, per dire no alla mafia e alla criminalità. Più di 120 podcast andranno in onda, in occasione della Giornata Nazionale della Memoria del 21 marzo, per ricordare gli eroi che hanno sconfitto Cosa Nostra, ma anche gli innocenti uccisi dalla camorra e dalla ‘ndrangheta. Il tutto raccontato con le voci e le musiche scelte dagli adolescenti.

La Giusta frequenza: giovani reporter della memoria è il progetto finanziato dal MIM, Ministero dell’Istruzione e del Merito – Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico, e realizzato dalla Fondazione Media Literacy (ente del Terzo Settore e soggetto promotore della legalità), con validità di PCTO. Un laboratorio di giornalismo multimediale che ha messo in rete 30 istituti superiori, da Nord a Sud, creando una frequenza radiofonica dedicata all’antimafia e alla legalità tramite la realizzazione di programmi radiofonici. Tutti i podcast, scritti e speakerati dai giovani studenti, verranno mandati in onda giovedì 21 marzo in rotazione sulle tre emittenti della Fondazione (Radio Jeans, Radio Zai.net e Hotblockradio).

 

Lezioni di giornalismo, articoli e interviste per combattere la mafia

Gli studenti, da settembre 2023 e fino al 23 maggio 2024, hanno avuto l’opportunità di riflettere sui temi legati alla legalità e alla cittadinanza attiva, realizzando produzioni radiofoniche, articoli e podcast per sensibilizzare alla lotta alla mafia e alla memoria delle vittime. In una prima fase di formazione in classe, con i giornalisti della Fondazione Media Literacy (realtà che da più di 10 anni opera nel campo dell’educazione ai media nonché ente promotore della legalità presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito), le studentesse e gli studenti hanno avuto modo di leggere i giornali dell’epoca, ascoltare le testimonianze, accedere agli archivi storici e alle fonti dirette in modo da poter approfondire direttamente le tematiche trattate nei vari episodi delle trasmissioni. Sono nate così tante piccole redazioni giornalistiche composte dai liceali intenti a raccogliere notizie, informazioni ed esprimere le loro opinioni sulle stragi di mafia e sulle donne e gli uomini che hanno lottato o raccontato il fenomeno mafioso negli ultimi decenni.

 

Contenuti e trasmissioni in scaletta

Dal ricordo di personaggi simbolo come Falcone, Borsellino, Chinnici, Impastato e Siani, all’analisi dei maggiori traffici su cui si concentra oggi la criminalità organizzata (stadi, prostituzione, spaccio, appalti…), il risultato è uno spaccato accurato e suggestivo di come la mafia sia ancora protagonista nelle vicende del nostro Paese. In diretta, un viaggio dal litorale romano ai pascoli abruzzesi, passando per l’entroterra calabrese e siciliano e finendo in Calabria ed Emilia Romagna: ragazzi e ragazze coinvolti nel progetto hanno parlato di mafia descrivendo gli scatti più suggestivi di Letizia Battaglia ma anche stilando un vero e proprio vocabolario della criminalità. Non mancano riferimenti al Carcere Duro, ma anche a film, libri e tendenze social che fomentano l’emulazione nei più giovani. Nei podcast si trovano anche le interviste ai testimoni chiave, membri della società civile e amministratori locali sulle buone pratiche messe in campo sui territori di riferimento in contrasto alla criminalità organizzata e a ogni forma di sopraffazione.

Le produzioni dei giovani, in onda per una puntata speciale in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno, saranno inoltre presentate e premiate nel corso di un successivo evento nazionale che si terrà Roma il 23 maggio al Cinema Aquila di Roma in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. Per l’occasione verranno coinvolte le studentesse e gli studenti delle scuole che hanno partecipato, in un confronto con le donne e gli uomini che hanno lottato contro la mafia. I podcast e gli articoli realizzati, insieme ai vari approfondimenti sul progetto e le attività svolte, sono raccontati e presenti sul sito dedicato: www.lagiustafrequenza.it .

 

La radio antimafia dalle scuole della periferia ai territori colpiti dalla criminalità

Il progetto “La giusta frequenza” ha visto la partecipazione di 30 scuole di sei regioni italiane: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio e Sicilia. In onda molti studenti della Capitale (dalla periferia di Ostia e del Corviale, fino al centro di Roma), ma i microfoni si sono accesi anche nei piccoli comuni coinvolgendo realtà territoriali che sono state spesso teatro delle mafie: da Bagheria passando per San Costantino Calabro e Vibo Valentia. A essere raccontati sono stati anche fatti di cronaca nera locale dove l’orrore della ndrangheta, della camorra e della mafia ha colpito anche molte famiglie innocenti, strappando giovani vite. “La Giusta Frequenza ha rappresentato un’opportunità straordinaria e innovativa per la nostra Fondazione impegnata a promuovere i valori della legalità e della giustizia sociale tra studentesse e studenti attraverso l’alfabetizzazione all’uso del mezzo radiofonico, fornendo loro uno strumento per discutere, riflettere e diffondere messaggi positivi sulla legalità – spiega Renato Truce, Presidente della Fondazione Media Literacy -.  In un’epoca in cui i mezzi di comunicazione hanno un impatto significativo sulle percezioni e sul comportamento delle persone, La Giusta Frequenza sfrutta il potere della radio creando un ponte diretto tra i giovani e la comunità”. “La Giusta Frequenza era il mio sogno nel cassetto – racconta invece Lidia Gattini, Segretaria Generale della Fondazione Media Literacy -.  Non è stato solo un progetto radiofonico ma un vero e proprio strumento educativo che, attraverso la potenza del dialogo e della condivisione, sprona i giovani ad essere cittadini responsabili e impegnati, sostenitori convinti dei valori della legalità e della giustizia. La sua validità risiede nell’abilità di trasformare l’etere in uno spazio di apprendimento, di riflessione e di azione, contribuendo significativamente alla costruzione di una società più consapevole”.

 

 

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Patti Educativi: firmatari chiedono impegno istituzioni per contrastare povertà educativa

Sono oltre 70 i dirigenti scolastici e i rappresentanti legali di organizzazioni del civismo attivo, cooperative sociali ed associazioni, che hanno firmato un appello al Comune di Napoli affinché rafforzi le proprie iniziative di coordinamento e valorizzazione delle azioni rivolte a contrastare la povertà educativa e l’abbandono scolastico, con l’attivazione di processi che supportino la costruzione di “patti educativi di comunità”.

L’esigenza posta dai primi firmatari del testo, aperto ad ulteriori adesioni, è quella di “un governo pubblico competente e lungimirante” che sia in grado da un lato di avviare nuove alleanze educative tra scuole, comune e soggetti del terzo settore, dall’altro di mettere a sistema le tante esperienze già presenti in città che proprio per l’assenza di un luogo pubblico di governo dei percorsi e delle diverse azioni non riescono a fare il passaggio da progetti a servizi messi a sistema nell’ambito locale delle politiche educative.

Non si tratta di aprire l’ennesimo luogo di consultazione dove tutto si ferma all’ascolto” – afferma Deborah Divertito della Cooperativa Sociale Se.Po.Fa’ tra le firmatarie dell’appello – “ma di aprire uno spazio dove il comune pur rivendicando a sé una funzione di governo riconosca gli altri soggetti non come attori ma come autori di politiche educative”.

La realizzazione dei patti educativi fonda le sue radici su un’idea di scuola intesa come comunità educante riconosciuta necessaria per garantire i diritti di cittadinanza ed il successo formativo di tutte e tutti”, dichiara Colomba Punzo, dirigente scolastico dell’IC 83 Porchiano Bordiga.

“La realizzazione dei patti educativi non è legata esclusivamente all’esistenza di situazioni di tipo emergenziale, come la pandemia, la dispersione scolastica o la povertà educativa, pur rappresentando un utile strumento di contrasto a tali fenomeni. Molte scuole – specifica Punzo – consapevoli dell’efficacia di tale opportunità, già da anni hanno avviato proficui rapporti con le diverse realtà presenti sui territori, sperimentando diverse forme di collaborazione per specifiche progettualità, per la co-progettazione educativa, alla riqualificazione degli spazi e così via. Ciò di cui si sente il bisogno è di una regia pubblica che ribadisca e rafforzi l’idea della comunità educante e sostenga, anche con adeguati strumenti di governo, l’idea di scuola e di società che i patti educativi di comunità portano avanti” conclude la dirigente Punzo.

Un percorso di protagonismo da parte del Comune che non parte da zero; sia per il lavoro dei laboratori cittadini di contrasto della dispersione scolastica promossi dall’Amministrazione precedente che, dopo due anni di sperimentazione, erano sfociati nella costruzione di diverse alleanze educative tra scuole, civismo attivo, istituzioni locali e servizi sociali territoriali, sia per la sottoscrizione da parte dello stesso Comune di Napoli del “Patto educativo per la città di Napoli” promosso dall’Arcivescovo Mimmo Battaglia.

E, ancora, con la “Piattaforma per il monitoraggio della dispersione” attivata dall’attuale Amministrazione, figlia di un lungo lavoro di confronto e collaborazione tra Comune, Ufficio Scolastico Regionale e Procura Minorile.

Le firmatarie e i firmatari dell’appello si augurano che il Comune di Napoli voglia accogliere le richieste poste, nella consapevolezza che la complessità dei bisogni educativi e la densità del fenomeno della povertà educativa nella città di Napoli ha bisogno di un impegno congiunto e coordinato tra Comune, scuole e tutte le altre agenzie educative presenti in città.

Per aderire: l’adesione ai Patti Educativi di Comunità è aperta a docenti, dirigenti scolastici, educatori/educatrici, operatrici e operatori sociali, professionisti che a vario titolo lavorano nel contrasto alla povertà educativa, ed è possibile farlo inviando una richiesta di sottoscrizione all’indirizzo dedicato pattieducativinapoli@gmail.com

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Trent’anni fa la morte di don Peppe Diana: iniziative e riflessioni per ricordare il sacrificio del prete che difendeva i deboli dalla camorra

Non fece in tempo a iniziare la messa delle 7,30: pochi minuti prima un uomo entrò in sacrestia, lo chiamò per nome e sparò senza pietà quattro colpi, due in faccia e due al petto. Morì così don Giuseppe Diana, parroco della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe. Era il 19 marzo del 1994. Trent’anni dopo, il suo esempio di sacerdote e cittadino messaggero di pace e legalità viene ancora ricordato, simbolo di un territorio che ha cercato (e per certi versi ancora cerca) un riscatto nel nome delle rispetto delle regole.

IL RICORDO – Del resto, la morte di don Peppe ebbe subito una risonanza nazionale. Ai funerali parteciparono migliaia di persone e don Antonio Riboldi, allora vescovo di Acerra, celebrò le esequie, dicendo: “Il 19 marzo è morto un prete, ma è nato un popolo”. Anni prima, don Peppe aveva lanciato un forte messaggio contro la cultura camorristica, che lui stesso definiva la “dittatura armata” della malavita verso i più deboli, con il documento Per amore del mio popolo. Pagò nel 1994 per il suo impegno chiaro e costante contro la criminalità organizzato.

LA MARCIA –  Oggi, per ricordare don Peppe a trent’anni dalla morte, si tiene una marcia per le strade di Casal di Principe. Partecipano studenti, scuot, amministratori pubblici, esponenti del mondo del volontariato e della società civile. Tantissime le adesioni. Tra queste, quella delle Acli di Caserta, che in un comunicato hanno sottolineato come “il ricordo di Don Peppe Diana ha continuato a essere un richiamo alla giustizia sociale, alla solidarietà e al coraggio di combattere le ingiustizie”. Ma le iniziative per il trentennale proseguono anche nei prossimi giorni: giovedì 21 Marzo, a partire dalle ore 9.30, il CSV ASSO.VO.CE. ETS promuove un incontro con le scuole del territorio per ricordare la figura di don Peppe  e invitare i più giovani a riflettere sul valore della legalità. L’iniziativa, ad ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti, si svolgerà presso il teatro comunale di Caserta in via Mazzini.

L’EDITORIALE – Oggi, sulle pagine del Corriere della Sera, è intervenuto anche Roberto Saviano, con un editoriale profondo ma anche ricco di amarezza: “E allora mi viene da domandarmi quali scampoli di questa nostra umanità votata alla contemplazione del martirio debbano ancora essere sacrificati sull’altare dell’indifferenza, sul patibolo della calunnia, sulla schifosa gogna dell’infamia, perché qualcosa muti davvero”, si è chiesto lo scrittore nel suo articolo.

di Francesco Gravetti

 





 

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Mobilità sostenibile: il car sharing conquista la provincia napoletana

Arriva Amicar Flegrea, progetto di car sharing e di trasporto con persone a limitata capacità motoria, che agevola i collegamenti tra Napoli e tutto il territorio dei Campi Flegrei. L’iniziativa di sharing mobility, avviata nei mesi scorsi grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD e a un progetto con capofila Gesco, sarà presentataufficialmente in occasione dell’incontro La mobilità sostenibile al Sud tra obiettivi raggiunti e nuove sfide in programma nella Sala Ostrichina della Casina Vanvitelliana di Bacoli per venerdì 22 marzo 2024 dalle ore 10 alle 13,

L’iniziativa vuole rappresentare un’occasione di confronto per i protagonisti del mondo dei trasporti nel territorio flegreo, per contribuire non solo a migliorare i collegamenti con il centro città ma anche a ridurre gli effetti ambientali dovuti al traffico e alle emissioni dei veicoli tradizionali.

L’incontro si colloca all’interno delle iniziative di educazione e sensibilizzazione ai temi dell’ambiente e della sostenibilità previste dal progetto Amicar Flegrea e rivolte alla cittadinanza, con particolare riguardo alle nuove generazioni.

Il programma della mattinata (inizio ore 10), dopo i saluti del sindaco di Bacoli, Josi Gerardo della Ragione, prevede gli interventi di: Giacomo Smarrazzo, direttore del gruppo Gesco; Pasquale Rovito, responsabile Transizione Digitale dell’Ente Autonomo Volturno (EAV); Anna Savarese, responsabile di Legambiente Iride Napoli; Vittorio De Majo, responsabile del progetto Amicar Flegrea; Roberto Laringe, presidente di Federalberghi Area flegrea; Luigi Licchelli, presidente nazionale di AssoSharing; Maria Paradiso, professore ordinario di Geografia Politica al Dipartimento Studi Umanistici dell’università Federico II di Napoli. Modera i lavori il giornalista Roberto Calise, esperto di mobilità e trasporti.

A seguire, alle ore 12, all’interno del Parco Borbonico antistante alla Casina Vanvitelliana, è previsto un momento di intrattenimento musicale che vedrà la direzione artistica di Massimo Jovine con protagonisti Simona Boo e Bimbi di fumo, Nicola Caso, Federica Ottombrini e Annibale.

Il progetto Amicar Flegreasviluppa due servizi di mobilità nell’area flegrea: uno di Car Sharing e l’altro, Amicare Care, realizzato per il trasporto di persone con limitata capacità motoria. È realizzato utilizzando solo mezzi full electric e si avvale della partecipazione di numerosi partner: Gruppo di imprese sociali Gesco, NHP S.R.L, Cooperativa Sociale Controvento, Università degli Studi di Napoli Federico II, EAV, Ente Autonomo Volturno, Comune Monte di Procida, Cras S.R.L, Legambiente Iride e cooperativa NClick.

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