GIORNATA DELLA MEMORIA, l’iniziativa dell’Associazione Socio Culturale l’Incrocio delle Idee

27 Gennaio, una data in cui che si celebra in tutto il mondo la Giornata della Memoria, la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ma soprattutto per non dimenticare e per ricordare l’immenso dramma dell’Olocausto e commemorare i milioni di vittime.

In una fase storica che stiamo vivendo, con la progressiva affermazione nel mondo della pericolosa destra estrema, questo appuntamento del 27 gennaio doveva essere, forse lo è stato, una opportunità per una generalizzata e semmai collettiva riflessione.

Una giornata per prevenire la perdita di valori conquistati anche con milioni di morti, per combattere, come ci ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella “Oggi e nel futuro, ogni germe di razzismo, antisemitismo, discriminazione e intolleranza”.

Quell’” Oggi” del Presidente ci dice in modo esplicito il rischio che stiamo correndo, quando e cosa sta cambiando in negativo, la deriva pericolosa in cui stiamo rischiando di imbatterci e ci chiama a rigettare fermamente la cultura della violenza e della sopraffazione, invitandoci nel contempo ad agire con determinazione e a tutti i livelli, contro i predicatori di odio e contro i portatori di morte.

Questo dobbiamo provare a fare nella nostra comunità andando oltre il 27 gennaio mettendo in campo proposte, iniziative, attività rivolte a tutti e a tutte senza distinzione di ceto sociale ed età, in modo unitario e di concerto con le tante realtà democratiche della città e soprattutto con l’Ente locale per affermare i valori di democrazia, pace e libertà e l’antifascismo una pratica quotidiana.

Come Associazione abbiamo cercato di dare un nostro modesto contributo, ma che riteniamo insufficiente.

In collaborazione con l’ANPI di Castellammare di Stabia – Gragnano, abbiamo proposto la proiezione del film “La zona d’interesse” che tratta il tema con delicatezza ed estrema profondità.

Detta proiezione è stata preceduta dalla presentazione dell’iniziativa da parte della presedente del sodalizio Giovanna Massafra, da un monologo, propria e profonda riflessione del giovane attore Giovanni Di Capua e di un breve intervento del presidente dell’ANPI Giuseppe Di Massa.

Tanti gli intervenuti che in religioso silenzio hanno apprezzato quanto è stato proposto, e il proposito di tutti di provare a coinvolgere le nuove generazioni affinché questo dramma che va sempre più approfondito, non possa riaccadere.

 

 

 

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Nuova allerta meteo: ancora vento forte e torna anche il freddo

La Protezione Civile della Regione Campania, nell’ambito delle attività di previsione del Centro Funzionale, ha emanato un avviso di allerta meteo di livello Giallo per temporali e un contestuale avviso di allerta meteo per vento forte e mare agitato.
Entrambi entrano in vigore domani mattina alle 6 e permarranno per l’intera giornata (con scadenza alle 23.59 del 28 gennaio).
L’allerta per venti forti Sud-Occidentali con possibili raffiche e conseguente mare agitato con possibili mareggiate riguarda tutta la Campania.
L’allerta Gialla per temporali con conseguenti scenari di impatto al suolo valutati in un dissesto idrogeologico localizzato con possibili allagamenti, esondazioni, superamento dei livelli idrometrici dei corsi d’acqua, frane e caduta massi, riguarda invece l’intero territorio regionale ad esclusione delle zone di allerta 4 (Alta Irpinia e Sannio) e 7 (Tanagro).
Su queste due zone, dunque, sebbene il quadro meteo sia di livello Verde per il rischio connesso alle precipitazioni piovose, insisteranno venti forti come sul resto della Campania.
Si evidenzia, infatti, che il codice colore è utilizzato esclusivamente per le allerte meteo da temporali e non per l’allerta per venti forti e mare agitato.
La Protezione civile regionale ricorda ai Sindaci di attivare i Centri Operativi Comunali, di predisporre tutte le misure previste dalle rispettive pianificazioni, di monitorare il verde pubblico e le strutture esposte alle sollecitazioni dei venti e del moto ondoso. Prestare attenzione agli avvisi diramati dalla Sala Operativa Unificata della Regione Campania.

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Giovani e violenza; blackout emozionali e quella mancanza di fiducia. Leone: «Non li lasceremo soli»

Cani antidroga e metal detector a scuola: alla “Marie Curie” di via Argine a Napoli, in un momento di apparente calma, la preside ottiene controlli agli ingressi da parte della polizia. Lo ha riportato il quotidiano Il Mattino nei giorni scorsi. L’iniziativa apre un dibattito sugli strumenti per fronteggiare l’emergenza armi tra i minori e se il direttore dell’Usr, Ettore Acerra, pensa che «scelte del genere sono deterrenti in zone a rischio» (lo ha detto all’agenzia giornalistica Agi) e la preside della Curie, Valeria Pirone, ha detto che gli studenti hanno inteso i controlli come «concreta presenza dello Stato», il mondo del volontariato s’interroga sulle conseguenze che un’azione così forte può avere sul rapporto fiduciario alla base del meccanismo educativo.
«Conosciamo bene questa scuola e il corpo docenti, composto da persone appassionate che da sempre operano nell’interesse degli studenti, per cui è stata di certo una scelta molto sofferta. Interventi di questo tipo, infatti, rischiano compromettere la fiducia alla base del rapporto educatori-studenti. Se si è arrivati a questo, qualcosa non ha funzionato e dobbiamo interrogarci, tutti». Lo ha detto Pasquale Leone, referente di Libera Napoli, scout, con una esperienza ventennale da volontario nelle scuole di frontiera.
Luoghi in cui la prudenza non è mai troppa, visto che casi di aggressione tra minori sono ormai all’ordine del giorno in tutta Italia: appena qualche giorno fa, a Roma, un 17enne è stato accoltellato a scuola da un compagno di classe. E anche alla “Curie” si è andati oltre le “innocue” scazzottate tra ragazzini visto che, nel settembre 2023, un quindicenne fu ferito da un altro studente con un’arma da taglio. Da quel momento, comunque, non si è avuta notizia di altri gravi casi di violenza, tuttavia se la preside ha richiesto l’intervento della polizia sospetta il fenomeno non sia superato. D’altronde, qui come altrove, molti ragazzi ammettono di uscire di casa con il coltello per potersi “difendere”. Un clima da far west nel quale la scuola non può farsi trascinare e, contro il quale, la dirigenti si è vista obbligata a una scelta impattante.
«L’istituto da 15 anni fa parte della rete di Libera, siamo tutti responsabili- continua Leone- Nei nostri percorsi inseriamo le testimonianze dei familiari delle vittime; ascoltando le loro storie se i ragazzi interagiscono, empatizzano o si fermano a riflettere, anche solo per un momento, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Comprendere le conseguenze del ricorso alla violenza, il dolore che provoca al prossimo, immedesimarsi, innesca analisi introspettive anche nei cosiddetti bulli, nei ragazzi a rischio, o che hanno dei trascorsi aggressivi». Nel tempo, però, riflette Leone, la reazione degli studenti si è intiepidita. «I ragazzi sono spesso presi dall’indifferenza, dall’incapacità a emozionarsi e a empatizzare – spiega -, questa freddezza può generare violenza, è la banalità del male. Ed è su questo black out emozionale che dobbiamo insistere, portando ai ragazzi i racconti di chi ha avuto la propria vita stravolta dalla violenza. E di chi è stato depositario della fiducia altrui in un momento in cui aveva commesso degli sbagli; una pacca sulla spalla può essere più efficace della puntura di uno spillo, per dirla con Powell, Dobbiamo ridare fiducia ai ragazzi, in sé stessi, nel prossimo e nel futuro. Contesti isolati e isolanti, costituiscono il campo sul quale seminare per creare coesione e identità. La memoria è un collante, lo sono il dialogo e il confronto. Fare rete è l’unico modo che conosciamo per proteggere i ragazzi e dar loro le opportunità. Non li lasceremo soli» conclude Leone.
di Mary Liguori

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Riapre il nido, 50 bambini vanno a scuola in attesa della nuova sede

Due sedi, una cinquantina di posti disponibili, e un sospiro di sollievo dopo cinque anni d’attesa e mille aspettative. Una doppia inaugurazione, a Torre del Greco, in due tempi per restituire alla cittadinanza il servizio di asilo nido comunale dopo lo stop durato cinque anni a causa del COVID. Da mercoledì 22 gennaio, giorno dell’inaugurazione del plesso di via del Clero, la Don Bosco-d’Assisi, e a partire dal 28 gennaio, giorno dell’inaugurazione del la sede Angioletti, i piccolini dai 3 mesi ai 36 mesi d’età potranno fare il loro ingresso a scuola. Tutto in attesa della realizzazione e del completamento di quelle che sarà una volta e per sempre la sede definitiva.
«Si tratta di un servizio fondamentale quello che è appena stato consegnato alla cittadinanza». Lo ha sottolineato il primo cittadino Luigi Mennella al margine del primo taglio del nastro. Adesso però, in attesa della cerimonia inaugurare della prossima settimana, resta in primo piano l’obiettivo principale: «L’attenzione resta alta – prosegue il sindaco – e ci auguriamo che presto possano riprendere ed essere ultimati gli avanzatissimi lavori a Villa Guerra, struttura destinata ad ospitare nel prossimo futuro l’asilo nido comunale».
All’inaugurazione, insieme a sindaco e assessore alle politiche sociali, Mariateresa Sorrentino, anche il dirigente comunale Alessandro Borrelli e la dirigente scolastica Rosanna Ammirati, e il parroco della chiesa del Carmine di Torre del Greco, don Mario Pasqua, ma non solo: a prendere parte alla cerimonia anche i referenti e gli operatori della cooperativa sociale Senexus, che si occuperanno di erogare il servizio sia alla scuola Don Bosco, sia al plesso Angioletti.
Insomma, una vera e propria festa, alla quale hanno preso parte, ovviamente, i piccolini destinatari del servizio e i loro genitori.
Il bando per l’iscrizione resta al momento ancora aperto: oltre ai piccoli che potranno usufruire del servizio già da subito perché già risultati beneficiari del servizio, sono poi pervenute altre domande la cui accettazione andrà a coprire i posti ancora disponibili per la struttura del comprensivo Don Bosco-D’Assisi.
di Nadia Labriola

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Trapanese: «Napoli? Non è una città per disabili»  L’INTERVISTA

Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali del comune di Napoli, è da sempre impegnato nel lavoro con bambini e adolescenti disabili, ed è il primo uomo single cui sia stato concesso di adottare una bambina in Italia. Nel 2018 ha potuto adottare Alba, una bimba con la sindrome di down.  

 

Assessore è stato approvato un finanziamento per la realizzazione di una rampa per il superamento delle barriere architettoniche presso l’arenile di Largo Sermoneta.  
 

Sono circa 150 mila euro e rientrano nei fondi regionali che il Comune ha preso già l’anno scorso, dove siamo intervenuti sul lido Mappatella e anche a San Giovanni a Teduccio. Questi fondi serviranno per l’abbattimento di barriere architettoniche per l’accesso balneare e questo prevede la creazione di una passerella che porta le persone vicino all’acqua.  
 

A Napoli, come un po’ in tutte le grandi città, esiste il tema delicato delle barriere architettoniche: spesso gli spazi per i disabili sono occupati, gli scivoli sui marciapiedi anche. Cosa si può fare quindi per migliorare questa situazione? 

 

Sicuramente si possono fare più controlli ma devo dire che i vigili li stanno facendo. Devo dire la verità però, questa città è diseducata alla disabilità, soprattutto i cittadini, perché parcheggiano dove non dovrebbero; sulle rampe o sui posti per disabili. I controlli ci sono ma è chiaro che avremmo bisogno di più personale per tenerla sotto controllo continuamente, però non mi sento di dire che non viene fatto un lavoro dai vigili.   
 

Parlava di una città diseducata alla disabilità. Come si raggiungono queste persone e secondo lei, o meglio Napoli è una città per disabili oppure no?

  
No, Napoli non è una città per disabili, sia per la conformazione fisica perché comunque è una città faticosa, anche a piedi, è tutta salita e discesa quindi già è difficile renderla accessibile. Sia perché è una città accogliente da un punto di vista diciamo sentimentale, perché Napoli è una città accogliente da un punto di vista pratico, però la città fa ancora fatica a mettere in pratica quella accoglienza che invece è tipica delle persone napoletane. 

 Cosa avete in mente per migliorarla? 


Stiamo lavorando molto con il Garante dei Disabili, ma abbiamo messo anche in atto il certificato unico per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Ed è un lavoro che si fa a attraverso diversi assessorati, non si fa solo con il Welfare, ma anche con l’Urbanistica, il Verde pubblico, quindi è un lavoro molto importante che serve proprio a realizzare un piano strategico dell’abbattimento delle barriere architettoniche. 

 Un bilancio del 2024 


Noi abbiamo vinto un bando e abbiamo dato la possibilità a 14 associazioni piccole del terzo settore di svolgere tutte le attività legate alla disabilità, molto diverse tra loro, tra la formazione, la cultura, i laboratori artistici, le visite guidate. Cioè abbiamo confezionato 97 progetti per il dopo di noi, tutti attivati, più altri 42 in attesa di giudizio, quindi definitivi. Abbiamo cercato di dare a tutti l’assegno di cura, seppur dimezzandolo, cioè dividendo la somma totale ma non lasciando fuori nessuno.  
 
Legge di Bilancio e disabilità: cosa manca? 

La visione dei bisogni delle persone con disabilità e delle loro famiglie.  
 

Tra gli obiettivi del ministro Locatelli c’è lo stanziamento di 90milioni nel 2025 per assicurare l’autonomia abitativa alle persone con disabilità e una legge per il riconoscimento della figura del caregiver nel 2026. Sono misure che aiutano?

  Sì possono aiutare ma dipende dai tempi di attuazione, soprattutto dalle modalità. Basti pensare che la legge dopo di noi è faticosa, si fanno proprio i salti mortali per attuarla.  È lenta, presuppone un passaggio enorme tra comune, regione e Asl. E quindi anche per un ragazzo che ha una disabilità, che deve fare un progetto di vita indipendente, o una ragazza adulta con la sindrome Down. È faticoso che devi passare pure dall’approvazione dell’ASL, perché la ragazza mica è malata, è disabile. E’ tutto molto farraginoso, soprattutto per le famiglie, quindi spero che ci sia una consapevolezza rispetto ai bisogni delle famiglie, delle persone con disabilità.  

 Lei un po’ di tempo fa disse che “La scuola deve investire sulle potenzialità dei bambini disabili”. In che senso? 

La scuola è usata. Ad esempio, se sei laureato in Comunicazione puoi prendere un TFA e operare al cuore? No. Però puoi prendere un TFA e andare a fare l’insegnante di sostegno. Questo non è giusto, significa che io do la possibilità ai bambini disabili di accontentarsi di gente che pur di entrare nel mondo della scuola trova una strategia: non è giusto per i dirigenti, per gli insegnanti e per i genitori.  

 

                                                di Adriano Affinito 

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