14 Set, 2018 | Comunicare il sociale
ROMA – Il 15 settembre in oltre 150 Paesi si celebra il World Cleanup Day, un appuntamento di pulizia globale. Già 17 milioni di persone hanno aderito al movimento globale, ripulendo oltre 500.000 tonnellate di immondizia in tutto il mondo. La strada per risolvere il dramma dello smaltimento o riuso illegale dei rifiuti è lunga e tortuosa, ma le attività di ricerca e sviluppo, oltre che le azioni di pulizia, non si fermano.
Obiettivo della rete è il coinvolgimento del 5 per cento della popolazione mondiale. Un traguardo importante. Per raggiungerlo Let’s Do It! Ha implementato la già ampia rete che si è creata in questi anni di attivismo. Più di cento sono infatti le azioni organizzate lungo tutto lo stivale ed altre si continuano ad aggiungere a pochi giorni dall’appuntamento.
«Mancano pochi giorni al più grande appuntamento di pulizia al mondo, il World Cleanup Day. Più di cento le azioni previste in tutta Italia. Non ci resta che indossare i guanti e andare a pulire. Lo faremo perché vogliamo che il 2018 sia caratterizzato da un cambio di tendenza, rendendo i nostri luoghi più puliti e sani». A dichiararlo il presidente di Let’s Do It! Italy, Vincenzo Capasso.
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12 Set, 2018 | News dal Csv
Lunedì 17 settembre 2018 ore 10:00 Sala Convegni – Palazzo Ducale Sanchez De Luna Piazza Umberto I – Comune di SANT’ARPINO (Ce)
Saluti Istituzionali
Giuseppe DELL’AVERSANA / Sindaco di Sant’Arpino
Gianni COLELLA / Sindaco di Succivo
Andrea VILLANO / Sindaco di Orta di Atella
Introduce
Arch. Ernesto DI SERIO / Consigliere di Sant’Arpino con delega al Parco Archeologico
Interviene
Dott.ssa Maria Caterina RONCONI / Responsabile Bando Storico-Artistico Fondazione CON IL SUD
Presentazione Bando Storico-artistico e Culturale 2017
01 Ago, 2018 | Comunicare il sociale
NAPOLI- “Le attività di supporto, prevenzione e sostegno rivolte ai cittadini senza dimora” informa l’Assessore al Welfare del Comune di Napoli Roberta Gaeta “continuano anche ad agosto, con una grande novità: quest’anno gli interventi delle Unità di Strada si ampliano, estendendosi nell’area della Città Metropolitana, in base al criterio della vicinanza.
Spesso, infatti, i nostri operatori non possono intervenire in supporto delle persone segnalate che si trovano al di fuori dei confini territoriali della Città di Napoli: con questo servizio realizzato nell’ambito del “Pon Metro Città Metropolitane”, invece, le Unità di Strada potranno raggiungere i comuni limitrofi in modo da supportare un maggior numero di persone in difficoltà”. I Comuni interessati sono quelli di Casalnuovo, Arzano, Casavatore, Melito, Marano, Quarto, Pozzuoli, San Giorgio, Portici, San Sebastiano, Cercola e Volla. “Queste azioni – spiega la Gaeta- rappresentano un ulteriore tassello fra gli interventi che l’Amministrazione pone in essere per i cittadini più fragili. Soprattutto in vista dell’aumento delle temperature, tra l’altro, necessitano di maggiore cura e sostegno: a questo proposito, voglio ricordare che è possibile contattare la Centrale Operativa Sociale al numero 081/5627027 servizio attivo H24 al quale segnalare la presenza di senza dimora per un immediato aiuto da parte delle Unità Mobili di Strada. “Come Amministrazione – conclude l’Assessore – vogliamo valicare ogni tipo di confine che impedisce di aiutare il prossimo, soprattutto ogni essere umano in difficoltà”.
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01 Ago, 2018 | Comunicare il sociale
ROMA – Secondo il nuovo rapporto dell’Unicef e dell’Oms Capture the Moment (Cogli l’attimo),è stato stimato che circa 78 milioni di bambini – 3 su 5 – non vengono allattati nella prima ora di vita, essendo così esposti ad un rischio più alto di morte e malattie e avendo meno probabilità di continuare ad essere allattati. La maggior parte di questi bambini è nato in paesi a basso e medio reddito. Secondo il rapporto, i tassi di allattamento nella prima ora dopo la nascita sono più alti in Africa Orientale e Meridionale (65%) e più bassi in Asia Orientale e nel Pacifico (32%). Circa 9 bambini su 10 nati in Burundi, Sri Lanka e Vanuatu sono allattati nella prima ora, rispetto a solo 2 bambini su 10 nati in Azerbaijan, Ciad e Montenegro. Il rapporto – come si legge sul portale dire.it- rileva che i neonati allattati nella prima ora di vita hanno molte più probabilità di sopravvivere. Anche un ritardo di poche ore dopo la nascita può avere conseguenze letali. Il contatto pelle a pelle e l’allattamento al seno stimolano la produzione del latte nella madre, compreso il colostro – chiamato anche ‘primo vaccinò del bambino, estremamente ricco di nutrienti e anticorpi. “Quando si tratta di iniziare ad allattare, il tempismo è tutto. In molti paesi può anche rappresentare una questione di vita o di morte” ha dichiarato Henrietta H. Fore, direttore generale Unicef. “Eppure ogni anno, milioni di neonati non hanno la possibilità di beneficiare dell’allattamento subito dopo la nascita e le ragioni – troppo spesso – sono aspetti che possiamo cambiare. Le madri semplicemente non ricevono abbastanza supporto per allattare nei primi minuti fondamentali dopo la nascita, anche dal personale medico nelle strutture sanitarie”.
“L’allattamento dà ai bambini il miglior inizio di vita possibile” ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale Oms. “Dobbiamo urgentemente aumentare il supporto alle madri – sia che provenga da membri della famiglia, sia da operatori sanitari, datori di lavoro o governi, così che possano dare ai propri bambini l’inizio di vita che meritano”.
Il rapporto, Capture the Moment (Cogli l’attimo), attraverso un’analisi di dati di 76 paesi, ha rilevato che nonostante l’importanza dell’inizio dell’allattamento subito dopo la nascita, troppi neonati vengono lasciati ad aspettare a lungo per diverse motivazioni, che comprendono:
– Alimentazione dei neonati con alimenti o bevande, che includono anche le formule per lattanti: pratiche comuni, come quella di gettare via il colostro, anziani che alimentano i bambini con miele o operatori sanitari che danno ai neonati altro liquidi come acqua e zucchero o formule, ritardano la prima fondamentale poppata del neonato con la madre.
– L’aumento del numero di tagli cesarei: in Egitto, i tassi di taglio cesareo sono più che raddoppiati tra il 2005 e il 2014, dal 20% al 52%. Durante lo stesso periodo, i tassi di allattamento subito dopo la nascita sono diminuiti dal 40% al 27%. Uno studio su 51 paesi mostra che i tassi di allattamento subito dopo la nascita sono sensibilmente più bassi tra i neonati nati da taglio cesareo. In Egitto, solo il 19% dei bambini nati da taglio cesareo viene allattato nella prima ora dalla nascita, rispetto al 39% dei bambini nati con parto naturale.
– Lacune nella qualità delle cure fornite alle madri e ai neonati: secondo il rapporto, la presenza al parto di personale qualificato non sembra incidere sui tassi di allattamento subito dopo la nascita. In 58 paesi tra il 2005 e il 2017, i parti presso i punti nascita sono aumentati di 18 punti percentuali, mentre i tassi di allattamento precoce sono aumentati di 6 punti percentuali. In molti casi, i bambini sono stati separati dalle loro madri immediatamente dopo la nascita e il supporto offerto da operatori sanitari è limitato. In Serbia, il tasso è incrementato di 43 punti percentuali dal 2010 al 2014 grazie agli interventi per migliorare le cure ricevute dalle madri alla nascita.
Gli studi precedenti, citati nel rapporto, mostrano che i neonati che hanno cominciato ad attaccarsi al seno tra la 2a e la 23a ora dopo il parto hanno un rischio più alto del 33% di morire rispetto a quelli allattati nella prima ora dalla nascita. Tra i neonati che hanno cominciato a poppare un giorno dopo (o anche più) la nascita il rischio era alto più del doppio.
Il rapporto – si legge ancora su dire.it- chiede ai governi, donatori e altri decision maker di adottare forti misure legali per limitare la commercializzazione di formule o altri sostituti del latte materno. L’Oms e il Collettivo Mondiale per l’allattamento, guidato dall’Unicef, hanno anche rilasciato la Scheda di Valutazione Globale sull’allattamento 2018, che traccia i progressi delle politiche e dei programmi per l’allattamento. Attraverso la scheda, incoraggiano i paesi a portare avanti politiche e programmi che aiutino tutte le madri ad iniziare ad allattare nella prima ora di vita del loro bambino e a continuare per tutto il tempo che vogliono.
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01 Ago, 2018 | Comunicare il sociale
NAPOLI- «Mio padre è un soggetto allergico. Tre giorni fa ha avuto la febbre e non ha potuto prendere nemmeno una tachipirina. La temperatura gliel’hanno fatta calare con pezze bagnate sulla fronte. Ma non si può vivere la detenzione in queste condizioni». Anna Maione ha 27 anni, viene da San Giovanni a Teduccio e almeno una volta a settimana va a trovare il padre Benito, 47 anni, detenuto a Poggioreale per una rapina. «Ormai è qui da cinque mesi – spiega – ma è affetto da diverse patologie e non viene curato. Ha un’insufficienza venosa alle gambe, è asmatico e soffre di attacchi di panico. Passa le sue giornate in una cella di pochi metri quadrati con dodici persone, mentre potrebbe scontare la sua condanna di 6 anni e 8 mesi ai domiciliari, che prima gli sono stati concessi, poi tolti». Anna ha manifestato insieme all’Associazione ex detenuti guidata da Pietro Ioia e a Salvatore Ronghi, segretario federale di Sud Protagonista, davanti al penitenziario di Poggioreale. Una protesta pacifica contro il sistema carcerario e, soprattutto, contro le condizioni di invivibilità di quella che ormai non è considerata una prigione, ma un mostro che conduce i reclusi a una morte lenta. Allarmanti i dati e gli episodi degli ultimi giorni: un sovraffollamento di 2.200 persone a fronte di una capienza di 1.600, due suicidi in pochi giorni, un incidente occorso ad una donna che si è vista piovere addosso calcinacci nella sala colloqui e lo scandalo di un agente di polizia penitenziaria che forniva droga ai carcerati.
«Abbiamo manifestato per ribadire i tre cancri che produce questo carcere – dice Ioia – malavita, mala sanità e morte. La piaga maggiore è la mancanza di cure. I detenuti che si rivolgono a noi non chiedono di uscire ma di essere curati, perché viene loro negato il diritto alla salute. Il padiglione peggiore da questo punto di vista è il Milano, dove ci sono i detenuti che scontano pene per reati comuni. Poi c’è il tema suicidi. Queste persone vivono come bestie in celle anguste e bollenti per l’afa e ciò li porta alla disperazione».
Delocalizzare Poggioreale è la proposta di Ronghi: «Sono trascorsi due anni da quando l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando annunciò di voler alienare San Vittore, Regina Coeli e Poggioreale per il sovraffollamento e le strutture fatiscenti. Da allora su Poggioreale è calato di nuovo il silenzio e l’istituto di pena somiglia, sempre più, ad un mostro che uccide. Va riconosciuto tuttavia il ruolo importante della polizia penitenziaria, perché se è vero che in questo primo semestre ci sono stati 24 suicidi nelle carceri italiane, è altrettanto vero che ne sono stati sventati oltre 500 a dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto dagli agenti». «Il carcere di Poggioreale ha gravi e incolmabili deficit innanzitutto sul piano strutturale ed è per questo che è un totale fallimento dal punto di vista della rieducazione della pena e del reinserimento sociale dei detenuti e, quindi, è un mostro da abbattere – ha aggiunto Ronghi – ecco perché ne proponiamo la delocalizzazione in un’area periferica e la sostituzione con un edificio moderno, spazi adeguati per i detenuti e attività necessarie al reinserimento nella vita sociale. Per questo da oggi avvieremo una raccolta firme indirizzata al Presidente della Repubblica».
di Giuliana Covella
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