ROMA – L’Europa sta diventando sempre più calda e l’obiettivo di tenere sotto controllo l’aumento del riscaldamento terrestre entro il limite di 1,5° C stabilito negli accordi di Parigi sembra essere sempre meno realistico.
Lo afferma un’indagine pubblicata dall’European Data Journalism Network (EDJNet), una piattaforma di giornalismo investigativo che riunisce 19 media europei che ha analizzato 100 milioni di dati metereologici e ha rilevato che tutte le principali città europee hanno registrato un considerevole aumento delle temperature nel corso del XXI secolo.
Ad essere maggiormente interessate dal fenomeno sono soprattutto le regioni subartiche, l’Andalusia e la parte più meridionale della Romania.
Il primato per l’aumento della temperatura più alto nel Ventunesimo secolo tra le città con oltre 500mila abitanti va alla spagnola Malaga, il cui termometro segna +1,5 gradi.
L’Italia, naturalmente, non è esclusa dal processo di riscaldamento dell’Europa. Nella Penisola, il record di cittadina in media più calda negli ultimi diciotto anni in Italia va però a Belluno, diciottesima su 558 cittadine europee, con +2 gradi.
Genova e Milano sono tra le prime dieci grandi città europee più colpite dal riscaldamento globale negli anni Duemila, rispettivamente all’ottavo e decimo posto della graduatoria delle grandi città europee che hanno fatto segnare temperature mediamente più alte dal 2000 a oggi, entrambe in crescita di 1,2 gradi. Tra le grandi città, si posizionano a metà classifica Roma (30esima con +1 gradi) e Torino (42esima, +0,9 gradi).
Meno sensibili al cambiamento climatico risultano Napoli (51esima, +0,7 gradi) e Palermo (54esima, +0,6 gradi), che fanno compagnia nelle ultime posizioni a un raggruppamento di città britanniche, da Edimburgo (ultima con +0,4 gradi) a Manchester (53esima, +0,7 gradi).
Sempre in Italia, le meno colpite dal cambiamento climatico sono Cagliari, Gela e Siracusa, con +0,3 gradi.
“Nessun paese e nessuna città”, sottolinea l’EDJNe, “è al sicuro dalle temperature in aumento e dal suo impatto, solo una piccola minoranza sembra avere sviluppato strategie di adattamento per le conseguenze”.
NAPOLI – Si è tenuta presso il seminario vescovile di Nola l’assemblea 2018 della Caritas Diocesana di Nola. Molti gli interventi e gli spunti di riflessione, a cominciare dallo slogan: “Prendersi cura di chi si prende cura”.
NAPOLI – Il 7 e 21 novembre, con finalissima il 12 dicembre, dagli studi televisivi di ItaliaMia, visibile sul canale 274 e 211 del digitale terrestre andrà in onda il concorso di bellezza Miss Wheelchair Italia.
Le tre puntate televisive di Miss Wheelchair Italia saranno arricchite dalla presenza di tanti ospiti che faranno anche da giuria per il concorso.
Inoltre, l’11 dicembre sarà possibile partecipare in studio alla registrazione della finalissima, e, a partire da un contributo minimo di 5 euro, tutto il ricavato della serata sarà devoluto a supporto della ricerca medico-scientifica con Telethon ed Aica3. La caratteristica di Wheelchair? Le modelle sono persone con disabilità, vivono su una sedia a rotelle ma non per questo hanno perso la voglia di divertire e divertirsi. La sfilata, anzi, rappresenta proprio un modo per lasciare un messaggio di speranza. Insomma, un concorso di bellezza contro ogni barriera architettonica e intellettuale.
Promotrice dell’evento (di cui Comunicare il Sociale è media partner) è, insieme ad altri, Francesca Auriemma, che in questa intervista racconta la sua storia e sottolinea: «La disabilità non è un’antitesi della bellezza. Ogni donna ha il dovere di esprimersi secondo le proprie capacità, mettendo in luce i propri punti di forza, caratteriali ma anche fisici».
Francesca non ha alcun problema a parlare della sua vita più privata e della sua malattia…«Io e Ornella siamo due sorelle affette da distrofia muscolare dei cingoli progressiva, una malattia genetica che pian piano ci ha tolto la possibilità di correre, salire le scale fino a perdere completamente l’uso delle gambe. L’espressione distrofia muscolare dei cingoli si riferisce a un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da debolezza muscolare, che interessa in particolare i muscoli del cingolo pelvico e del cingolo scapolare. La prima a scoprire la malattia è stata Ornella, un dolore immenso per i nostri genitori e, poi è toccata a me.
Ricordi la tua prima carrozzina? «No, la mia mente ha dimenticato tutto. Guardando vecchie foto, prima dell’utilizzo della carrozzina, a volte mi domando: come facevo a camminare, come si fa? Con l’evolversi della malattia, ogni movimento richiedeva il supporto di una terza persona e odiavo l’utilizzo della sedia a rotelle, credevo sarebbe stato impossibile rifarmi una vita e svolgere serenamente le mie attività quotidiane, in questa mia nuova condizione. Con il tempo, giorno dopo giorno, ho tirato fuori la grinta e la voglia di mettermi in gioco».
La tua prima sfilata è stata organizzata nel 2015? Qual è stato il motivo che ti ha condotto nella realizzazione di questo evento solidale? «Volevo evidenziare con forza la nostra presenza, abbattendo ogni barriera sia architettonica che intellettuale, sdoganare ogni canone estetico imposto dalla società. Siamo belle e possiamo sfilare anche noi . Il mio sogno era poterlo fare. Mia sorella Ornella ha abbracciato il mio progetto, che è diventato un obiettivo comune: cambiare la percezione che ha l’opinione comune di chi è affetto da disabilità».
Cosa provi mentre calchi la passerella? «Una forte emozione. Per me sfilare è un messaggio di incoraggiamento, una spinta, per chi come me convive con la carrozzina, a non lasciarsi bloccare dalle barriere mentali prima ancora che fisiche. Una disabilità non è l’antitesi della bellezza. Ogni donna ha il diritto di sentirsi in armonia con il proprio corpo e di esprimersi in tutta la sua bellezza, fascino, sensualità».
Quando parli dei tuoi eventi spendi sempre gratitudine per le persone che ti hanno sostenuta, a chi ti riferisci? «Il ringraziamento va a tutte le persone che hanno creduto in me: amici, fotografi, stilisti, make up artist che hanno preso parte agli eventi in maniera gratuita e con grande entusiasmo, sostenendo il nostro messaggio di positività e incoraggiamento».
Come hai conosciuto il presentatore Ettore Dimitroff? «Per caso, ad una festa. Un incontro stimolante e sorprendente. Dopo una lunga chiacchierata, insieme, abbiamo deciso di creare un’edizione italiana di Miss Weelchair, coinvolgendo attraverso i social network ben 13 ragazze in carrozzina provenienti da diverse Regioni d’Italia. Ma il nostro sogno va oltre, la nostra mente corre veloce e speriamo con forza che, già dal prossimo anno, questo concorso possa diventare nazionale, con tappe e selezioni accessibili da ogni parte della Penisola».
NAPOLI – “Una sequenza di misure contrarie a garanzie fondamentali per i diritti umani. Se convertito in legge, ci appelleremo alla Corte Costituzionale”. Così Cittadinanzattiva nei confronti del decreto sicurezza e immigrazione approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.
Un provvedimento che mette insieme (prima critica) il tema della sicurezza con la gestione delle migrazioni, porta a una stretta sulla protezione umanitaria che di fatto viene limitata a sei casi molti particolari, ridimensiona fortemente il sistema di accoglienza diffusa attraverso lo Sprar, la rete di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestita da comuni ed enti locali, e allunga i tempi di permanenza nei Centri per il rimpatrio da 90 a 180 giorni. Le critiche si sono levate da più parti e chiamano in causa diversi aspetti: i dubbi di costituzionalità del provvedimento, il rischio che moltissimi migranti siano di fatto spinti in una condizione di irregolarità perché privati della possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, l’impatto dei grandi centri di accoglienza straordinaria sui territori, laddove proprio l’accoglienza diffusa è quella che ottiene maggiori risultati in termini di integrazione. Sono critiche che investono dunque le misure previste, l’approccio seguito ma anche le possibili conseguenze dei provvedimenti.
Una bocciatura su tutti i fronti viene da Cittadinanzattiva: “Chiediamo che il decreto non sia convertito in legge. Altrimenti ci impegneremo perché sia smantellato davanti alla Corte Costituzionale, affinché siano ripristinati i principi di solidarietà e accoglienza su cui si fonda la nostra Costituzione”. Spiega la coordinatrice nazionale di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva Laura Liberto: “Come promesso e previsto si ricorre, in dispregio dei presupposti costituzionali, alla decretazione d’urgenza per “rispondere” ad emergenze finte e create a tavolino o, a loro volta, frutto di decenni di cattiva gestione dell’accoglienza e dei fenomeni migratori. Con il rischio questa volta di generare vere emergenze. Il decreto è una sequenza di misure che inficiano garanzie fondamentali, aprendo la strada a derive potenzialmente pericolose per tutti, e che sono inoltre prive di ogni progetto di gestione e governo dell’immigrazione. Un provvedimento che: elimina una delle declinazioni del diritto costituzionale di asilo – la protezione umanitaria (sostituita dalla previsione di permessi speciali per ragioni di salute, calamità naturali e meriti civili) – ; arriva a raddoppiare i tempi della detenzione amministrativa con la falsa promessa di facilitare e massificare i rimpatri; colpisce il diritto di difesa escludendo il “patrocinio gratuito” nei casi in cui il ricorso avverso il diniego della protezione sia dichiarato improcedibile o inammissibile; aumenta il numero dei reati per i quali viene revocata la protezione internazionale”. Oltre a tutto questo c’è l’impatto pesante sul sistema Sprar, amministrato dai Comuni e concepito “per favorire percorsi di integrazione con le comunità locali ed utile ad evitare o contenere possibili conflitti sociali – aggiunge Liberto – Così, a dispetto delle roboanti dichiarazioni d’intenti, il provvedimento rischia di aumentare da un lato il numero dei cosiddetti migranti “irregolari” e dall’altro di generare nuove tensioni”.
Critiche arrivano dal Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati, che contesta l’unificazione dei due originari decreti (sicurezza e immigrazione): “Ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna, come criminalità organizzata e terrorismo, al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate, che ben altro sforzo legislativo richiedono in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti”. Ci sono poi i passi indietro sullo Sprar e il potenziamento dei grandi centri, quelli sì fonte di tensione sui territori. “Registriamo come un arretramento sostanziale la riforma dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – dice il Centro Astalli – Viene così meno il principio fondamentale secondo cui la riuscita di un percorso di integrazione debba partire dalla prima accoglienza, come chiaramente espresso anche nel Piano Integrazione per i rifugiati del Ministero dell’interno. La Sprar, un sistema virtuoso, riconosciuto tale anche da osservatori internazionali, viene ridotto, nonostante sia l’unico sistema di accoglienza che garantisce la massima trasparenza nella gestione delle risorse. Si potenziano altresì i grandi centri per richiedenti asilo, che, come ampiamente dimostrato, non prevedendo alcun coinvolgimento delle amministrazioni locali, incontrano resistenze e ingenerano tensioni sociali”.
L’impatto dei grandi centri di prima accoglienza sui territori, dunque delle concentrazioni ampie di migranti, è anche la preoccupazione espressa dai Comuni. Sostiene il delegato dell’Anci per l’immigrazione, Matteo Biffoni: “Sono, infatti, proprio i centri come i Cas ad aver creato più malcontento tra la popolazione, per l’eccessivo impatto sulle comunità e la mancanza di adeguati percorsi di integrazione. Non sono opinioni, sono fatti, puntualmente riportati dalla stampa. Non comprendiamo il senso di questa scelta. Nei mesi scorsi sono state attivate tante e importanti collaborazioni virtuose tra sindaci e prefetti, collaborazioni che sono state l’ossatura di una gestione coordinata del problema. Anche la revisione del sistema dei permessi umanitari, secondo noi, si sarebbe potuta effettuare ma tutelando i nuclei familiari, le categorie vulnerabili e infine condizionando la concessione a una reale volontà di integrazione. Perché davanti a un sistema di accoglienza diffusa che funziona ed evita conflitti sociali sui territori si cambia completamente rotta?”. Biffoni conclude con un appello. “Convocheremo sedute straordinarie della Commissione Immigrazione, poiché è necessario vigilare sugli effetti che il provvedimento può avere sui territori”.
NAPOLI – Presentato presso la sala consiliare del Comune di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, il progetto Concili-azioni. Un intervento che mira a realizzare percorsi di politiche family friendly nell’ambito territoriale 17 che comprende i comuni di Frattamaggiore, Sant’Antimo e Casandrino. Uno degli aspetti principali del progetto – come è stato illustrato nel corso della conferenza di presentazione – è lo studio della situazione dell’occupabilità femminile in Campania, che serve ad evidenziare le possibilità occupazionali per le donne che scelgono di accedere al servizio. Nel Concilia point ci sono spazi dedicati a sostegno dell’occupabilità femminile. Sia per sostenere le donne che devono giostrarsi tra lavoro e famiglia, sia per quelle che un lavoro lo cercano. Non solo un luogo fisico – sito presso lo sportello antiviolenza di Frattamaggiore – ma anche uno spazio virtuale, l’omonima app – disponibile sia per dispositivi Android che Ios –, che serve ad andare incontro alle donne che non hanno la possibilità di recarsi fisicamente allo sportello aperto il mercoledì dalle 15 alle 19.30.
«L’obiettivo del progetto – ha detto la presidente della cooperativa Mamrè, Teresa Visone – è quello di agevolare tutte le donne occupate nella gestione della vita familiare e lavorativa. Nello stesso tempo andiamo a dare un incentivo anche alle donne che non riescono a trovare occupazione inserendole nel mercato del lavoro»
Plausi all’innovazione del progetto anche dall’assessore alle Pari opportunità della Regione Campania, Chiara Marciani, la quale a margine della conferenza stampa ha detto che è «una bella idea all’interno di questo accordo territoriale di genere aver immaginato l’utilizzo di una app che possa riuscire ad offrire ulteriori servizi e quindi rendere, ad esempio, il Concilia point che – ha aggiunto la Marciani – è una struttura fisica, anche virtuale e dunque anche da casa e quindi conciliando meglio i tempi di vita familiare e lavorativa».
Alla presentazione del progetto hanno preso parte, tra gli altri, il presidente di Confcooperative Federsolidarietà Campania, Giovanpaolo Gaudino, e il sindaco di Frattamaggiore, Marco Antonio Del Prete.