Lo Spartak San Gennaro, la squadra napoletana composta dai giovani dei quartieri popolari della città a cui viene data un’opportunità di coltivare il proprio talento, ha omaggiato nel pomeriggio di giovedì con un evento al Parco Ventaglieri di Montesanto la memoria di Mohammed Al Sultan e suo fratello Bahaa, rispettivamente allenatore e giocatore dell’Al Haddaf Team di Gaza con cui la compagine napoletana è gemellata. Un raid dell’esercito israeliano dello scorso 16 maggio ha ucciso l’allenatore 23enne della squadra palestinese e il calciatore 14enne, fratello del tecnico. Per onorare la memoria dei giovani e delle altre vittime della carneficina nella Striscia. I ragazzi della squadra e semplici cittadini hanno portato al campetto del Parco nel cuore del centro storico di Napoli fiori, realizzato quadri, disegni, illustrazioni e indossato magliette per rinsaldare il gemellaggio e partecipare al dolore della famiglia Al Sultan e della loro squadra.
A supportare l’iniziativa realtà come il Centro Culturale Handala Ali, Associazione Sanabel – Spighe di solidarietà per Gaza, Lo Sgarrupato, Tatreez_Napoli, Centro Stelle sulla Terra – Educativa territoriale ed altre. Nel corso della commemorazione, i bambini napoletani hanno messo a frutto la loro creatività partecipando a laboratori per la realizzazione di papaveri rossi di cartapesta. Clou della serata con alcuni tornei giocati di calcio giovanile e l’installazione di una targa per Mohammed e Bahaa e in supporto dell’Al Haddaf Team, del quale alcuni rappresentanti furono nei mesi scorsi ospiti proprio a Napoli. Dallo Spartak San Gennaro hanno rimarcano come Mohammed facesse «rotolare un pallone nei vicoli distrutti, contro ogni logica di guerra, contro l’assedio e la paura. Era allenatore, educatore, guida: trasformava il calcio in speranza. Bahaa, suo fratello, giocava con la forza di chi sa che ogni dribbling è un atto di resistenza, ogni tiro in porta è una sfida alla morte che lo circonda. La palla che rotola non è solo un gioco: è la vita che continua, è la libertà che si ostina, è il grido di un popolo che non si arrende». A Gaza, l’aggiunta della squadra partenopea, «si sta consumando un genocidio, sotto gli occhi di tutti, nel silenzio colpevole del mondo. Ma non vogliamo restare in silenzio. Siamo pieni di dolore e di rabbia per ciò che sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina. Per loro, per tutti i bambini e le bambine che resistono, per non dimenticare e per continuare a costruire ponti tra i nostri cuori e quelli di chi vive sotto l’assedio».
di Antonio Sabbatino
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