NAPOLI – «Non è possibile abolire un’istituzione che tutti hanno sempre definito come il fiore all’occhiello dell’Italia: basti pensare che in Austria, nel 2003, era stata tolta ed ora stanno cercando di reintrodurla». Lo sostiene con fermezza Emiliano Venditti, presidente nazionale del CAM Telefono Azzurro, lanciando l’allarme contro la riforma del processo civile che minaccia di smantellare l’intero sistema della giustizia minorile in Italia. Il disegno di legge 2284, già approvato alla Camera e adesso all’esame della Commissione Giustizia del Senato, prevede la soppressione dei tribunali e delle procure per i minorenni, da sostituire con sezioni specializzate all’interno dei tribunali ordinari. Tra i rischi principali ci sarebbe la perdita di specializzazione che caratterizza tali strutture, dotate di una composizione ‘mista’, con esperti in pedagogia e psicologia che affiancano i giudici togati e onorari, in un’ottica che non è soltanto punitiva ma soprattutto rieducativa. «Così verrebbero a mancare tutti gli esperti che accompagnano i giudici minorili nel loro delicato ruolo – continua Venditti –. E poi nel caos del tribunale ordinario un bambino che deve essere ascoltato non avrebbe l’attenzione che merita».
I bambini non possono aspettare i tempi lunghi della giustizia – Lo scorso 22 giugno il CAM Telefono Azzurro di Napoli ha organizzato una tavola rotonda al Tribunale per i Minorenni partenopeo, per discutere delle conseguenze della riforma e stilare un documento da presentare al Ministero della Giustizia. «Ci saremmo aspettati un’attenzione diversa sulla questione della giustizia minorile che si occupa, nel campo civilistico, di bambini che sono vittima di disagi, di abusi, di violenza, di maltrattamenti e non possono aspettare assolutamente i tempi lunghi della giustizia ordinaria, e nel campo penale di adolescenti che si rendono responsabili di reati talvolta molto gravi – ha detto Patrizia Esposito, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli –. Non possiamo non considerare con preoccupazione una riforma che guarda alla ristrutturazione della giustizia in termini di ripianamento delle risorse». Una ‘ristrutturazione’ in cui rientrerebbe anche il depotenziamento della procura: «Noi lavoriamo moltissimo nel campo civile, che è il campo della prevenzione e della tutela – ha aggiunto il procuratore della Repubblica Minorile di Napoli, Maria de Luzenberger –. Riceviamo migliaia di segnalazioni che istruiamo mediante i servizi sociali o con altri tipi di accertamenti e dalle segnalazioni nascono i nostri ricorsi; molte provengono dal Telefono Azzurro, che è uno strumento formidabile. Togliere energia e mezzi ad uffici che fanno soltanto questo, acquisendo negli anni competenze enormi, sarebbe sicuramente una perdita, specialmente nelle zone in cui i servizi sociali sono carenti». Una posizione «ferma e critica rispetto all’ipotesi dello smantellamento dei tribunali e delle procure per i minori» è arrivata, infine, dall’organo di autogoverno dei magistrati: «Nell’ambito delle proprie competenze e nell’assoluto rispetto del ruolo del legislatore – ha dichiarato Francesco Cananzi, membro del CSM –, il Consiglio ha proposto l’istituzione di un tribunale per la famiglia che abbia una struttura analoga al tribunale di sorveglianza, coniugando i principi di unicità della giurisdizione, di prossimità e di specializzazione».
Rieducare prima di punire – Nella relazione di sintesi per il 2016, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha ricordato che il tasso di delinquenza giovanile nel nostro Paese è nettamente inferiore rispetto al resto d’Europa e agli Stati Uniti, con 19 minorenni in carcere ogni 100mila. Secondo Dario Bacchini, membro del CTS del Telefono Azzurro e docente di Psicologia dello Sviluppo all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, questo accade «perché abbiamo una cultura giuridica apprezzabile» strettamente connessa alla rieducazione. «Io credo che la giustizia debba fare il possibile per evitare che il minore possa identificarsi con un’etichetta negativa. Quanto più si dà la possibilità al minore di riconoscersi in un’identità deviante, tanto più aumenta la probabilità che ci siano recidive in futuro. Essere adolescenti non è soltanto un dato anagrafico, ma anche psicofisiologico: il cervello dell’adolescente è plastico. L’adolescenza corrisponde a una fase della vita in cui c’è una possibilità di trasformazione, di prendere posizioni diverse, di cambiare orizzonte valoriale. Allora se c’è plasticità è evidente che il discorso della giustizia si lega a quello educativo».

di Paola Ciaramella

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