28 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
‘Il battito del tempo. 5 giorni per un’idea del futuro’ è lo slogan che caratterizza la settimana di orientamento della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Meridionale che si terrà a Napoli dal 4 all’8 settembre 2023.
Si parte lunedì 4 settembre, alle 14.30, nell’Aula Piovani del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, in via Porta di Massa, 1, con l’accoglienza degli studenti e l’inaugurazione del secondo anno accademico della SSM da istituzione autonoma e in accordo con la Normale. In programma le Lezioni Magistrali, presiedute dalla professoressa Daniela Luigia Caglioti, di Nadia Rega su ‘Storia di una luce che viene dal mare e altri racconti di fotochimica risolta nel tempo’, Andrea Mazzucchi dal titolo ‘Il testo nel tempo: tra storia della tradizione e diffrazioni ermeneutiche’ e di Stefania Pastore sul tema ‘Mappe, viaggi, esili: la nascita del mondo moderno’.
Per le giornate successive, oltre alle Lezioni Magistrali e ai seminari di area umanistica e scientifica, sono previsti transfer e visite nelle strutture federiciane o collaboranti con l’Ateneo: il Tigem, il Complesso dei Santi Marcellino e Festo, sede della Scuola Superiore Meridionale, il Parco Archeologico di Pompei, il Complesso di San Giovanni a Teduccio con un incontro alla Apple Academy, e Villa Ferretti a Bacoli.
La settimana di orientamento terminerà nel pomeriggio di venerdì 8 settembre con lo spettacolo ‘Il battito del tempo: Le parole e la musica’ a Bacoli nella splendida sede federiciana sul mare.
Le due Scuole.
La Scuola Superiore Meridionale è un luogo dedicato all’alta formazione in cui i migliori studenti di tutto il mondo hanno il tempo, lo spazio e gli strumenti per contribuire all’avanzamento della conoscenza attraverso la ricerca. La comunità di allievi, ricercatori e professori crea un ambiente in cui è possibile coltivare le proprie passioni con dedizione, impegno e spirito collaborativo, in un percorso unico in cui allo studio si affiancano momenti di approfondimento ed esperienze internazionali
La Normale di Pisa promuove la cultura, l’insegnamento e la ricerca nell’ambito delle discipline umanistiche, delle scienze matematiche e naturali, e sociali, esplorandone le interconnessioni. Le sfide scientifiche, tecnologiche e culturali trovano qui un ambiente fertile, aperto e stimolante, dove si sviluppano il sapere critico, il rigore scientifico, la curiosità intellettuale. Il talento dei suoi allievi e allieve, l’innovatività della ricerca, l’interazione con la società, sono i valori costitutivi della sua identità.
La collaborazione tra le due Scuole, sancita un anno fa e della durata di 5 anni, con la sottoscrizione di un accordo tra il direttore della Normale, professore Luigi Ambrosio, e dal Responsabile della Scuola Superiore Meridionale, professore Arturo De Vivo, per favorire la collaborazione didattica e scientifica tra le due istituzioni. L’accordo rende possibile, infatti, agli allievi di Pisa e Firenze della Normale di seguire i corsi di studio e i seminari, e collaborare a progetti di ricerca che si svolgono a Napoli, presso la Scuola Meridionale, e, viceversa, agli allievi della Scuola Meridionale, di fare altrettanto in Toscana.
La Scuola Superiore Meridionale si articola in due strutture accademiche interdisciplinari: l’area interdisciplinare umanistico-giuridica e l’area interdisciplinare scientifico-tecnologica. Organizza:
a) corsi di formazione pre-dottorale e di ricerca e formazione post-dottorato, rivolti a studiosi, ricercatori, professionisti e dirigenti altamente qualificati;
b) corsi di dottorato di ricerca di alto profilo internazionale, che uniscono ricerca pura e ricerca applicata in collaborazione con le scuole universitarie federate o con altre università;
c) corsi ordinari e di master.
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28 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
Chiusa dagli anni ’80, oggi la chiesa “azzurra” viene restituita al culto e all’inclusione sociale. Il recupero e la riapertura della chiesa dei Cristallini sono tra le azioni più significative del progetto “Luce al Rione Sanità”, avviato nel 2021 dalla Cooperativa La Paranza e finanziato da Fondazione con il Sud e Fondazione di Comunità San Gennaro insieme a Intesa Sanpaolo.
Il progetto, pensato durante la pandemia e realizzato nella ripartenza, interviene su importanti asset strutturali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tra cui: il contrasto alle disuguaglianze, l’inserimento lavorativo di giovani in situazione di fragilità, la rigenerazione urbana in contesti marginalizzati e la valorizzazione dei beni culturali attraverso il contributo del Terzo Settore.
Lo scorso maggio, nell’ambito dello stesso progetto, è stata riaperta al pubblico, dopo quarant’anni di chiusura, la Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi che oggi ospita un nuovo infopoint turistico e lo Jago Museum, fruibili 7 giorni su 7. È stata inoltre potenziata l’offerta culturale della Basilica di San Severo fuori le Mura, chiesa che ospita, nel prezioso oratorio di Sant’Antonio, “Il Figlio Velato”. Entrambe le azioni hanno permesso l’inserimento lavorativo di dieci giovani del quartiere e la nascita di una nuova impresa sociale: “La Sorte”.
Il progetto, nel corso degli ultimi due anni, contestualmente ai lavori di recupero e rifunzionalizzazione delle chiese interessate, ha visto l’attivazione di workshop artistici rivolti a 60 ragazzi dai 16 ai 25 anni con attività teoriche e laboratori condotti da artisti e testimoni in ambiti come pittura, cinematografia, fotografia e conoscenza del territorio.
Durante uno dei percorsi formativi, i giovani del quartiere hanno dipinto, con circa venti tonalità di azzurro, gli interni della Chiesa dei Cristallini insieme agli artisti Tono Cruz, Mono González e Giuliana Conte.
Tono Cruz è un pedagogista prestato all’arte, un muralista originario di Gran Canaria (Spagna) che ha trovato al Rione Sanità la sua seconda casa. Qui l’artista, insieme ad un altro grande maestro, Mono González – el Mono -, noto non solo in Cile e non solo per i suoi murales, ha dipinto di azzurro l’animo di un luogo colmo di storie e tradizioni da riscoprire. Ad aggiungere bellezza all’esclusivo lavoro svolto nel corso di questi mesi, è stato l’intervento dell’artista Giuliana Conte che ha realizzato i ritratti “ondeggianti” lungo la navata della chiesa. Oggi gli interni della chiesa sono decorati con i volti della gente del quartiere che raccontano come lì, nel corso del tempo, queste persone abbiano imparato a trasformare paure e fragilità in coraggio, per sé stessi e per i propri bambini.
Per accompagnare l’esperienza immersiva nella chiesa dei Cristallini, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, ha condiviso con il territorio un dono di Ennio Morricone che, nel 2013 – profondamente scosso dal naufragio avvenuto il 3 ottobre dal largo delle coste di Lampedusa, nel quale persero la vita almeno 386 migranti – compose di getto “La voce dei sommersi”, una partitura di cinque minuti e mezzo che unisce i rumori minacciosi delle onde del mare alla stessa voce di Morricone, il quale si immedesima in un migrante in fuga. L’altare attuale della chiesa nasce sempre in collaborazione con la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. In particolar modo, a realizzarlo sono stati i detenuti del laboratorio di falegnameria/liuteria del carcere di Secondigliano con la prua di una delle barche dei migranti.
Nel corso di questi anni al Rione Sanità gli spazi chiusi e abbandonati sono diventati strumento per generare cambiamento e innovazione coinvolgendo la comunità del territorio, per pervenire a soluzioni il cui grado di condivisione è direttamente proporzionale al livello di accettazione da parte della comunità stessa. Perché oggi i beni culturali religiosi appartengono non più solo e in modo esclusivo alla Chiesa e alla collettività dei credenti che ne fanno uso, ma appartengono alla storia delle popolazioni, alle loro tradizioni e alla loro cultura.
Così la chiesa di Santa Maria della Maddalena in via dei Cristallini – situata nella stradina cupa che una volta era ghetto nel ghetto della Sanità, luogo in cui la camorra osò perfino fare esplodere un’autobomba – era il 1998, terrore, vetri in frantumi e venti feriti – viene restituita alla pubblica fruizione.
“Culto e cultura, un binomio che ancora una volta sembra prendere forma alla Sanità, questa volta nella chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini. Quella CASA risponde a questa duplice esigenza di COMUNITA’ (vocazione autentica della Chiesa) e di formazione. Il tutto in una cornice che da sola invita a guardarsi negli occhi con la stessa profondità con cui i volti che l’arricchiscono ci fanno sentire in famiglia” afferma don Gigi Calemme, parroco del Rione Sanità.
Dal 29 agosto la chiesa sarà aperta gratuitamente al pubblico tutti i giorni dalle 10:00 alle 13:00. Nel complesso, oltre alle pitture murali, sarà possibile ammirare le opere realizzate ad hoc per il nuovo allestimento della chiesa. Il tutto in continuità con quanto già realizzato negli ultimi 15 anni dalla Coop La Paranza e dalla Fondazione di Comunità San Gennaro, attraverso importanti progetti che prevedono il recupero e la valorizzazione delle risorse del territorio, come l’apertura al pubblico delle Catacombe di Napoli e, prossimamente, del Cimitero delle Fontanelle.
La Chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini riapre oggi ma è già protagonista di tre progetti che stanno contribuendo a dare forma ai sogni dei giovani del Rione Sanità:
Il progetto “Metamorfosi” in partenariato con la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti dell’amico Arnoldo Mosca Mondadori
Un progetto culturale e di conoscenza, per trasformare il dolore in nuova speranza, il legno delle barche in strumenti musicali. Il legno delle barche, provenienti da Lampedusa, viene lavorato da persone detenute delle Carceri di Opera (Milano) e Secondigliano (Napoli). Gli strumenti realizzati producono suoni che hanno stupito musicisti e esecutori per la limpidezza. Hanno un’anima. Il progetto prevede di far suonare questi strumenti musicali ad orchestre italiane e straniere e a far nascere “L’Orchestra del Mare”. Attualmente in questo progetto sono occupati 9 detenuti e tre liutai.
Il progetto “Tornaccantà” sostenuto da Cesvi e Intesa San Paolo
Nasce dall’idea di Attilio Varricchio, storico amico e sostenitore dei progetti di valorizzazione del Rione Sanità, di creare la prima Accademia della Canzone napoletana, che si dedicasse esclusivamente all’insegnamento ai giovani della musica napoletana. Grazie al progetto circa venti ragazzi hanno, gratuitamente, avuto la possibilità di ottenere un proprio strumento musicale ed imparare a suonarlo, seguendo le lezioni di musica, tenute da qualificati maestri, quali, Paolo Fagnoni, Claudio Cardito, Mario Fabbroni e Giacomo Napolano, e le lezioni di canto della vocal coach, Maria Paola Sinforosa. Madrina del progetto è Monica Sarnelli, da decenni voce inconfondibile della tradizione Partenopea.
“Voices of Napoli” Progetto Coro sostenuto dalla Fondazione Andrea Bocelli
Il programma mira a potenziare il sostegno psicosociale dei bambini svantaggiati che vivono in regioni vulnerabili. Con la creazione di cori regionali e altre attività educative, ABF mira a offrire opportunità di empowerment ai partecipanti e alle loro comunità, attraverso la musica come strumento per consolidare le loro skill, stimolare la loro creatività, promuovere la collaborazione e offrire loro maggiori opportunità di successo nella vita.
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28 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
La lunga traversata nel deserto tra Mali e Niger insieme a perfetti sconosciuti. Un terribile periodo di detenzione in Libia, costretto a subire aggressioni e violenze in uno dei tanti lager tristemente noti. Il viaggio in mare aperto d’inverno verso Lampedusa, quindi Italia e quindi Europa vista come meta di libertà, con alte probabilità di finire in acqua. Tutto questo da adolescente e senza avere accanto alcun parente a dargli man forte. Famaka Dembele, 24 anni, maliano di Kita, città della regione di Kayes, non lontano dal confine con Senegal e Mauritania, per inseguire la felicità è partito dalla sua terra natia tredicenne circa 10 anni fa. Un lungo peregrinare, durato oltre un anno come minore non accompagnato. Ora Famaka è felice a Napoli grazie al permesso di soggiorno quinquennale ottenuto, dopo più di 7 anni, appena l’8 agosto scorso e a un contratto di lavoro stabile come barista in un locale di Sant’Antimo. «Alle 16.30 e 40 secondi dell’8 agosto di quest’anno – ricorda perfettamente Famaka – sono andato all’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli per ritirare il permesso di soggiorno quinquennale, che conservo bene insieme ai miei documenti d’identità». La dose di incredulità è tanta. «La sera a letto ancora guardo questi documenti e non ci posso credere, dopo tutto quello che ho passato. Sono davvero felice, posso sperare in un avvenire migliore. Voglio continuare a fare il barista, un lavoro che mi piace perché mi fa essere a contatto con le persone e poi perché mi diverto a fare caffè, cocktail».
Il viaggio e le peripezie – Famaka Dembele è attualmente ospite dell’Officina delle Culture Gelsomina Verde di Scampia, (è proprio nella struttura di via Arcangelo Ghisleri che attualmente ha il domicilio) che l’ha accolto una volta maggiorenne grazie al Percorso di Autonomia Guidata a cui il Comune di Napoli ha aderito nel 2017. Si tratta di un progetto rivolto ai giovani migranti maggiorenni di età compresa tra i 18 e i 22 anni. Ma per arrivare a questa nuova vita Famaka ha sofferto tanto in un’età che di solito coincide con una certa dose di spensieratezza: quella adolescenziale. «Avevo soltanto 13 anni quando ho lasciato il Mali da solo salutando mia mamma Jallo, mio fratello Musa e mia sorella Mbamori mentre mio padre, che aveva un’attività di ferramenta e ricambi auto, è stato ucciso dai banditi – dice il giovane – Ho intrapreso un lungo viaggio dal Mali al Niger attraversando il deserto, senza conoscere nessuno. In tutto eravamo 160, me lo ricordo bene. Nel frattempo ho lavorato lì per alcuni mesi come muratore». In Mali «una volta morto mio padre, ho dato una mano in famiglia a vendere il latte mungendo le mucche lasciando la scuola». Famaka l’inferno, come così per milioni di immigrati provenienti dai Paesi dell’Africa e dell’Asia, l’ha conosciuto in Libia. «Degli uomini ci hanno fatto viaggiare a bordo di grosse auto. Qualcuno è stato costretto a rintanarsi nel cofano. In Libia sono stato in tutto 6 mesi e ho tentato due volte di imbarcarmi per l’Europa. La prima volta ho pagato il corrispettivo di 500 euro, ma sono rimasto lì aspettando per ben 2 mesi di partire. In realtà il viaggio non è mai avvenuto; le autorità libiche mi hanno portato in un centro di detenzione nonostante avessero già intascato la somma, molto consistente se paragonato al cambio con la Cfa, la valuta del Mali». I centri di detenzione sono qualcosa di terribile, in Libia considerato dalle Ong e altre organizzazioni umanitarie porto non sicuro. Famaka ammette: «La paura era tanta. Non ci facevano mai uscire, le donne venivano violentate dai carcerieri dinanzi ai figli e gli altri, me compreso, subivano pestaggi. Io sono stato picchiato dai poliziotti, armati pure di pistole e fucili, con un bastone. Spesso mi punivano colpendomi forte alle mani. Non so dire in quale area della Libia esattamente fossi perché non potevamo vedere nulla». Come tutti i migranti, anche i familiari di Famaka sono stati contattati per inviare soldi ai trafficanti necessari per salire su un barcone e viaggiare in direzione Italia. Famaka Dembele prosegue. «Questa volta la cifra pagata è stata di 300 euro, abbiamo aspettato 25 giorni prima dell’ok. Sul barcone eravamo 130, altri minori non accompagnati come me, madri e padri con figli piccoli in braccio. Onestamente non ricordo il porto libico di partenza, perché non ci facevano mai vedere davvero dove eravamo. Ricordo però che la traversata nel Mar Mediterraneo è durata circa due giorni e ricordo perfettamente anche la data di arrivo a Lampedusa: 23 dicembre 2015».
Lampedusa, Agrigento, Napoli – A soccorrere il barcone su cui si trovava Famaka, la Guardia Costiera Italiana. «Grazie a un telefono satellitare ci hanno individuato e dopo 6 ore sono state completate le operazioni di sbarco a Lampedusa», spiega Famaka rimasto nell’hotspot dell’isola. Successivamente, il trasferimento in una comunità ad Agrigento. «Ci sono rimasto due mesi ma non è andato tutto per il verso giusto. Io e altre persone che eravamo nel centro abbiamo addirittura aspettato un mese per avere un pantalone nuovo, una maglietta di ricambio, un paio di scarpe diverse da quelle del viaggio. Quando decidevo di asciugare i miei indumenti senza aver ricevuto quelli nuovi, sono rimasto addirittura in mutande. Mi davano da mangiare e bere, ma non potevo uscire. Io volevo giocare al calcio, studiare, conoscere persone e invece niente». Ma Agrigento ha coinciso anche con un momento emozionante: il ricongiungimento, seppur virtuale, con la sua famiglia in Mali. «A Lampedusa ero senza telefono e non potevo comunicare. Soltanto ad Agrigento mi hanno dato un cellulare grazie al quale ho contattato su facebook mio fratello. Musa non poteva crederci che fossi vivo e che ce l’avessi fatta. Che commozione parlare con mia madre!». La tappa successiva di Famaka è quella finale: Napoli, città che adora. «Per una settimana ho dormito in un albergo a piazza Garibaldi. Ero spaventato, essendo poco più di un ragazzino che non conosceva nessuno. Alcuni miei connazionali mi hanno aiutato e sono riuscito a trovare una struttura per migranti minori di Santa Maria a Vico, nel casertano, in cui sono stato accolto benissimo e ho iniziato a studiare l’italiano» sottolinea Famaka, che dopo 8 mesi in quel centro, al compimento dei 18 anni, è stato protagonista del progetto Peg del Comune di Napoli. «Ciro Corona, il punto di riferimento della struttura mi ha accolto lì e non finirò mai di ringraziarlo. Piano piano sono riuscito a inserirmi nel mondo del lavoro come cameriere e barista e avere permessi lavorativi rinnovati di 6 mesi in mesi». In proposito lo stesso Ciro Corona fa queste considerazioni: «Dare un’opportunità di futuro a chi scappa da contesti complicati è l’obiettivo dei beni comuni. Altri ragazzi stranieri di diversa nazionalità sono stati protagonisti del Peg con il Comune di Napoli ma hanno preferito utilizzare l’Italia come Paese di transito. Famaka, al contrario, vuole vivere a Napoli».
Il presente –Tutto rose e fiori a Napoli per Famaka? Non proprio, neppure questa volta. «In un bar di Mugnano avevo un contratto di 6 ore a 600 euro al mese – dice – ma lavoravo anche 15 o 16 ore. Ho resistito 3 anni soltanto perché buona parte della paga serviva alla mia famiglia in Mali. Il bar dopo un mese che me ne sono andato ha chiuso». Nel frattempo Famaka sta perfezionando la conoscenza della lingua italiana grazie a un’insegnante messa a disposizione dall’Officina delle Culture e dovrebbe prendere il diploma fra non molto tempo. Una ulteriore soddisfazione che si aggiunge a quella del permesso di soggiorno ottenuto poche settimane fa. Il 24enne maliano come detto, attualmente lavora in un bar di Sant’Antimo dopo un’ulteriore esperienza in un altro bar del circondario napoletano. «Qui la paga buona, ho la tredicesima, quattordicesima, faccio 8 ore di lavoro e non di più e ho anche la stima dei colleghi». Siccome la vita spesso è un cerchio che si chiude, seppur tra mille problematiche, Famaka può sorridere anche per un altro motivo. «Partirò a dicembre per il Mali e ci starò 3 mesi. Il mio datore di lavoro ha accolto la mia richiesta senza fare obiezioni. Non vedo l’ora di riabbracciare mio fratello che ora ha 19 anni, mia sorella di 16 e mia madre di 43, che però non vorrebbe che Musa e Mbamori partissero per l’Italia per non subire quello che ho subito io». Il permesso di soggiorno preso l’8 agosto gli permetterà di rientrare in Italia senza rischiare di rimanere fuori i suoi confini visti i documenti in regola. «Spero – dice ancora – che il Mali possa uscire dalla crisi economica e che non sia più depredato delle sue ricchezze come il petrolio, il diamante e oro, sfruttati al 70% da nazioni straniere come i francesi che ci hanno colonizzato. I maliani hanno il diritto a costruirsi un futuro prospero».
L’Officina delle Culture Gelsomina Verde – Per quanto riguarda il futuro dell’Officina delle Culture Gelsomina Verde di Scampia, intitolata alla vittima innocente di camorra, Corona fa presente di essere «ancora che Comune e Asìa Napoli mettano in atto la permuta (scambio di due edifici di pari valore ndr.). Il vecchio contratto è scaduto da anni e quello nuovo da firmare prevede l’utilizzo per noi di Officina delle Culture di quest’edificio per 7 anni + 7 con un canone mensile di 2000 euro che tutte e 10 le realtà di varia natura che utilizzano lo spazio contribuiranno, ognuna per la propria parte e possibilità, a pagare al Comune. Nel frattempo ci siamo costituiti come Associazione temporanea di scopo. Aspettiamo da un anno attendiamo di essere chiamati alla firma del contratto».
di Antonio Sabbatino
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23 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
Il prossimo 28 settembre, a Roma, si terrà la Giornata dell’Associazionismo, promossa dalla Consulta APS del Forum Nazionale del Terzo Settore.
L’evento dal titolo: “Siamo valore sociale. Il ruolo delle APS per la partecipazione e per una società inclusiva e sostenibile” rappresenterà la prima edizione di un appuntamento che si punta a rendere costante nel tempo.
Nelle prossime settimane saranno disponibili sul sito www.forumterzosettore.it il programma e maggiori dettagli sulla giornata.
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23 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
Hai mai diffuso foto intime di qualcuno senza il suo consenso?
Hai mai creato un profilo social falso per controllare la tua partner?
Hai mai chiesto la geolocalizzazione al tuo partner per controllarlo?
Lo sai che anche queste sono forme di violenza?
La violenza nelle coppie di adolescenti è mediata dalle tecnologie digitali in una dimensione “on-life”, dove i confini tra la vita online e quella offline si dissolvono. Le tecnologie diventano quindi un mezzo attraverso cui comportamenti abusivi e di controllo non vengono riconosciuti o scambiati per forme di amore.
Con la campagna “Lo hai mai fatto?” le ragazze e i ragazzi del Movimento Giovani di Save the Children scelgono di lanciare un messaggio forte ai loro coetanei perchè possano imparare a riconoscere la violenza di genere in tutte le sue forme, anche quelle che si manifestano attraverso le tecnologie digitali.
La campagna “Lo hai mai fatto” nasce all’interno del progetto DATE, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Rights Equality and Citizenship con la collaborazione di Save the Children insieme a Edizioni Centro Studi Erickson.
Il progetto affronta il tema della violenza di genere nelle relazioni intime tra giovani – teen dating violence (TDV) – con particolare attenzione al comportamento abusivo messo in atto attraverso la tecnologia (online teen dating violence – OTDV), tenendo presente l’impossibilità della distinzione tra vita online e offline nell’esperienza degli/delle adolescenti, evidenziata ancor di più dalla pandemia.
Diventa anche tu un ambassador della campagna DATE, scegli qui il poster che più ti piace e condividilo sui social.
L’articolo Lo hai mai fatto? La campagna di Save the Children contro la violenza di genere proviene da Comunicare il sociale.
10 Ago, 2023 | Comunicare il sociale
Nascere in Africa può essere una condanna a morte, quando si ha una malattia cardiovascolare congenita. Tra le cause, ci sono scarsità di prevenzione e costi esorbitanti delle cure, tanto che il 90% dei bambini non ha accesso alle terapie chirurgiche (che nei Paesi ricchi salvano l’85% dei piccoli malati). L’organizzazione non profit Una Voce per Padre Pio interviene con il ‘Corridoio umanitario-sanitario – Progetto: Cuori ribelli’, programma medico-sanitario che trasferisce in Italia minori con cardiomiopatie congenite di Costa d’Avorio, Camerun, Ghana e Kosovo per sottoporli a interventi chirurgici salvavita. Nell’ultimo anno sono stati curati in questo modo oltre 70 bambini. Per finanziare questa e altre attività, l’organizzazione ha lanciato la campagna solidale ‘Padre Pio Social Aide’: inviando sms o chiamando da rete fissa il numero 45531 si contribuisce a fornire assistenza e interventi salvavita ai bambini. Parte della raccolta sarà destinata ad assistenza di famiglie italiane in condizione di disagio, sostegno all’istruzione, accompagnamento di persone anziane sole. L’iniziativa è sostenuta dalla storica trasmissione di Rai Uno ‘Una Voce per Padre Pio, in onda venerdì 9 giugno in prima serata, con replica pomeridiana il 2 luglio 2023.
«Da 15 anni Una Voce per Padre Pio opera in Africa, dove ancora oggi chi ha risorse economiche può avere accesso alle cure, mentre le altre persone sono abbandonate a se stesse. Portiamo avanti la vocazione missionaria di Padre Pio, in Italia e in Africa, sia con il ponte medico-sanitario, sia con case-famiglia e orfanotrofi, anche per bambine e bambini con disabilità», ha detto Enzo Palumbo, presidente dell’organizzazione non profit. «Vorremmo dare a tutti la possibilità di accedere alle cure. È un progetto molto ambizioso, ma noi crediamo nei miracoli. Al contempo, in Italia sosteniamo le fasce più fragili di popolazione, soprattutto a sud dove le crisi degli ultimi anni hanno peggiorato le condizioni di molte famiglie», ha aggiunto.
Il progetto ‘Cuori ribelli’ è attivo da 5 anni in Costa d’Avorio, paese con poco meno di 30 milioni di abitanti, dove ogni anno sono rilevate oltre 5mila cardiopatie congenite. Di queste, solo una minima parte è curata chirurgicamente a causa dei costi esorbitanti per gli interventi, fuori dalla portata delle famiglie dei bambini malati, condannati così a un’aspettativa di pochi anni di vita. Nell’aprile 2022, la missione medica di Una Voce per Padre Pio ha esaminato 150 bambine e bambini segnalati dai servizi locali, individuando 75 casi urgenti non operabili sul posto. Quest’anno, lo screening su 100 visitati ha rilevato 12 bambini incurabili e 86 operabili, anche grazie al trasferimento in Italia. Sinora sono 70 i piccoli pazienti operati, di cui 59 in Italia e 11 in Burkina Faso dall’equipe italiana guidata dal professor Guido Oppido. Nell’operazione sono stati coinvolti anche 10 bambini del Camerun, uno del Kosovo e uno del Ghana.
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo, circa il 37% del totale, e il 65% di quei decessi avviene nei paesi a basso e medio reddito, complici malnutrizione, scarsità di prevenzione, mancanza di centri medici specializzati e costo esorbitante delle cure. Più di 300mila nuovi nati muoiono ogni anno nel mondo per malattie congenite e la metà dei morti per questi motivi sotto i 5 anni d’età si registra nell’Africa Subsahariana.
Nei paesi industrializzati, l’Oms stima che ogni centro di chirurgia cardiaca pediatrica, che realizza fra 300 e 500 interventi l’anno, sia necessario per 2 milioni di abitanti: oggi in Africa occidentale non esiste alcuna struttura di questo tipo. L’International Cooperation in World Cardiology ha calcolato la disparità nelle regioni del mondo: in Europa ne esiste uno ogni milione di abitanti, in Asia ogni 16 milioni, in Africa ogni 50 milioni. Più in generale, nella regione africana solo due abitanti su dieci hanno accesso alla sanità di base, il dato più basso al mondo. Cifre che s’inseriscono in un contesto di rallentamento dei progressi nella lotta alla mortalità materna e infantile, peggiorati dalla pandemia: quella infantile è di 72 ogni 1000 nati vivi, mentre l’obiettivo è a meno di 25.
Con i fondi raccolti dalla campagna ‘Padre Pio Social Aide’ saranno finanziate le iniziative dell’organizzazione Una Voce per Padre Pio nei Paesi in via di sviluppo in Africa e sul territorio italiano, a sostegno del tessuto sociale più debole.
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