Laboratorio per bambini tra grani antichi e gnocchi fatti a mano: torna “Mani in Pasta” a Carretiello

Giovedì 31 luglio, dalle 19:00 alle 20:30, in località Carretiello, torna uno degli appuntamenti più amati dell’estate cilentana: la Festa della Civiltà Contadina e della Trebbiatura, evento simbolo della memoria rurale del territorio. Tra i momenti più attesi di questa edizione c’è “Mani in Pasta”, il laboratorio ludico-didattico dedicato ai bambini dai 7 ai 12 anni, promosso con passione dall’associazione Carretiello in Evoluzione insieme a Coldiretti Salerno.

Un’iniziativa che unisce educazione, tradizione e manualità, offrendo ai più piccoli l’opportunità di scoprire in modo attivo e divertente il mondo contadino. Il percorso si articola in quattro tappe: visita guidata al museo della civiltà contadina, lezione teorica sui grani antichi, preparazione manuale degli gnocchi e infine una gustosa degustazione con ingredienti a Km 0. Il tutto immersi in un contesto autentico, fatto di grano, profumi, racconti e strumenti del passato.

«Mani in Pasta è molto più di un semplice laboratorio – dichiara Giuseppe Iuliano, presidente dell’associazione Carretiello in Evoluzione – È un’occasione concreta per far toccare con mano ai bambini la storia agricola e culturale del nostro territorio. Perché parlare di grani antichi, di lavorazioni manuali e di filiera corta significa parlare del nostro futuro, oltre che del nostro passato».

Il progetto nasce dal desiderio di trasmettere alle nuove generazioni il senso di appartenenza a una comunità e a un paesaggio, troppo spesso dimenticati. «Il Cilento ha radici forti – aggiunge il vicepresidente Gaetano Menichino – e noi crediamo che anche i più piccoli debbano poterle conoscere e riconoscere. Con Mani in Pasta vogliamo restituire valore ai gesti semplici: impastare, ascoltare, imparare facendo. È da qui che nasce la consapevolezza, il rispetto per il cibo e per la terra».

L’associazione Carretiello in Evoluzione, attiva da anni nella promozione culturale e agricola del territorio, conferma così la propria vocazione educativa, puntando su un format coinvolgente e inclusivo, perfettamente in linea con i valori della Festa della Civiltà Contadina e della Trebbiatura: celebrazione della terra, riscoperta dei ritmi lenti e dei saperi che hanno fatto la storia delle nostre comunità.

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Con i Bambini: Orfani di femminicidio, altri 10 milioni di euro per iniziativa “A braccia aperte”

Sono 10 i milioni di euro del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile messi a disposizione per il sostegno degli orfani di femminicidio grazie al rinnovo del bando “A braccia aperte”. In questo modo Con i Bambini prosegue e amplia l’iniziativa già pubblicata nel corso del 2020 e riconosciuta come modello di intervento di riferimento sul tema anche nel confronto istituzionale, per consolidare ed estendere la rete nazionale di supporto agli orfani di vittime di crimini domestici esistente.

In funzione della qualità dei progetti ricevuti, è messo a disposizione un ammontare complessivo di 10 milioni di euro suddiviso in due linee di intervento complementari: 5 milioni saranno destinati al rifinanziamento dei progetti già avviati e 5 milioni al sostegno di nuove reti. Tutti gli enti di terzo settore, in linea con le caratteristiche richieste, sono invitati a presentare la propria proposta di progetto on line tramite il sito di Con i Bambini entro le ore 13:00 del 2 ottobre 2025.

Il fenomeno dei crimini domestici rappresenta un problema grave e diffuso in Italia, con ripercussioni che si estendono ben oltre le vittime dirette. A vivere le conseguenze dei crimini domestici vi è una categoria di persone particolarmente vulnerabile: i cosiddetti ‘orfani speciali’, bambini e ragazzi che perdono un genitore a seguito di un omicidio commesso dall’altro genitore. Questa situazione, purtroppo, è tutt’altro che marginale e richiede un’attenzione crescente. Le statistiche più recenti e le analisi di enti come l’ISTAT, il Ministero dell’Interno e le associazioni antiviolenza confermano una persistente e allarmante incidenza dei femminicidi e, più in generale, degli omicidi in ambito familiare. In Italia, ogni anno, decine di donne vengono uccise da partner o ex partner, e in una percentuale significativa di questi casi, sono presenti figli minori. Le stime più prudenti indicano che, annualmente, centinaia di bambini si trovano a dover affrontare la perdita contemporanea di entrambi i genitori a causa di un omicidio-suicidio o di un omicidio seguito da arresto. Questo dato rende l’Italia uno dei paesi europei con un numero elevato di ‘orfani speciali’.

A livello europeo, la consapevolezza del fenomeno è in crescita, ma la raccolta omogenea dei dati e la codificazione esatta dei ‘figli orfani di femminicidio’ (o più ampiamente, di crimine domestico) sono ancora in fase di affinamento. La vita dei figli di vittime di un crimine domestico viene fortemente sconvolta, dal momento che non affrontano un lutto ordinario, ma un trauma complesso e stratificato, che comprende: la perdita violenta e contemporanea di entrambi i genitori: uno ucciso, l’altro in carcere o latitante. Questo impedisce un processo di elaborazione del lutto ‘normale’ e li espone a un senso di abbandono e tradimento profondo. Il trauma dell’esposizione: spesso, bambini e ragazzi sono stati testimoni diretti o indiretti delle violenze che hanno preceduto l’omicidio, se non dell’atto stesso, con la conseguente esposizione a un disturbo da stress post-traumatico (PTSD) complesso. Inoltre, la stigmatizzazione sociale: portano il ‘marchio’ di una tragedia familiare che li isola e li rende oggetto di pietismo o, peggio, di giudizio. Le conseguenze subite da questi bambini e ragazzi sono multiple e rintracciabili a vari livelli: giuridico, sociale e psicologico. Grazie al bando “A braccia aperte” centinaia di bambini, ragazzi e le famiglie affidatarie hanno potuto ricevere un sostegno adeguato a un fenomeno che è fortemente in crescita.

Attraverso la prima edizione dell’iniziativa “A braccia aperte”, Con i Bambini attraverso un percorso di progettazione partecipata nel 2021 ha selezionato 4 cantieri educativi dedicati agli orfani delle vittime di femminicidio, nel Nord est, nel Nord Ovest, nel Centro e al Sud, sostenuti complessivamente con 10 milioni di euro.

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Vietri sul Mare si colora ancora di “Blu”: torna la rassegna dedicata all’autismo

Dal 26 luglio al 24 agosto, la terza edizione di “Dipinto di Blu” tra spettacolo, musica, teatro, benessere e cinema.
Con il contributo del Comune di Vietri sul Mare e la direzione artistica di Alessio Tagliento.
Un’estate all’insegna della sensibilizzazione, dell’arte e dell’incontro. Torna a Vietri sul Mare “Dipinto di Blu”, la rassegna che giunge alla sua terza edizione e che ha un obiettivo preciso e urgente: tenere accesi i riflettori sull’autismo, creando occasioni di socialità, comprensione e bellezza.
Con il contributo del Comune di Vietri sul Mare e la direzione artistica di Alessio Tagliento, la manifestazione propone quattro appuntamenti gratuiti, pensati per raccontare – attraverso linguaggi diversi – il valore della diversità, dell’inclusione e della partecipazione. Il blu, simbolo scelto a livello internazionale per rappresentare l’autismo, torna così a colorare luoghi simbolici del territorio con eventi accessibili e aperti a tutti.
La rassegna si aprirà venerdì 26 luglio alle ore 21:00 nella splendida cornice della Villa Comunale di Vietri sul Mare, con una vera e propria festa dell’arte, della musica e della comicità. Sul palco si alterneranno alcuni dei comici più amati della scena nazionale: Ciro Giustiniani, volto storico di “Made in Sud”; Gino Fastidio, artista fuori dagli schemi e icona dell’umorismo contemporaneo; Gianni Cinelli, interprete brillante e raffinato; e l’amatissimo duo Gigi & Ross, protagonisti di numerose trasmissioni televisive. A rendere ancora più intensa l’atmosfera, la musica dal vivo delle voci salernitane Cristina Mazzaccaro e Marco De Simone, capaci di emozionare con eleganti contaminazioni pop, soul e jazz.
Proprio durante la serata inaugurale del 26 luglio si terrà anche una raccolta fondi solidale, in collaborazione con la Charity Partner Fondazione Mediolanum, a sostegno del progetto “Dipinto di Blu” promosso da Fondazione Mac Insieme. Cuore dell’iniziativa sarà un’asta benefica con opere in ceramica donate dai maestri ceramisti vietresi. Per ogni donazione ricevuta, la Fondazione Mediolanum raddoppierà l’importo versato, moltiplicando l’impatto di ogni gesto di generosità.
L’indomani, sabato 27 luglio alle 19:30, la rassegna si sposterà alla Marina di Vietri sul Mare, in Largo Due Fratelli, per un’esperienza all’insegna del benessere e dell’ascolto: una sessione speciale di Yoga e Sound Bath, pensata in particolare per genitori, accompagnatori e caregiver. A guidare il momento saranno i maestri di “Smile in Action”, realtà milanese attiva nel sostegno al benessere psico-fisico di chi si prende cura degli altri. Sarà un’occasione per respirare, rilassarsi e ritrovare sé stessi, in un contesto sereno e inclusivo.
Il programma proseguirà domenica 28 luglio, alle ore 21:00, con un ritorno alla Villa Comunale per un appuntamento teatrale di grande intensità. In scena, lo spettacolo “Dietro un fantasma”, della compagnia diretta da Marco Reggiani, racconterà – con delicatezza e profondità – il tema dell’identità, della memoria e dell’invisibilità sociale, stimolando una riflessione profonda sulla dignità e sull’ascolto dell’altro.
La serata conclusiva della rassegna si terrà invece sabato 24 agosto alle 20:30, in Piazza della Porta alla Marina di Vietri, e sarà dedicata al cinema inclusivo. Sarà proiettato il film “La vita è da grandi”, firmato dalla regista e attrice Greta Scarano, che affronta con sensibilità il passaggio all’età adulta di giovani con fragilità, sottolineando l’importanza dei legami familiari, dell’autonomia possibile e delle piccole conquiste quotidiane.
“Dipinto di Blu” è quindi molto più di una rassegna estiva: è un progetto culturale e sociale, un invito alla partecipazione e alla consapevolezza, un’occasione per costruire insieme una comunità più accogliente, più sensibile, più umana.
“Vogliamo che l’autismo – spiegano gli organizzatori – non sia più un tema relegato a singole giornate, ma una questione viva, da affrontare ogni giorno con coraggio e continuità. Lo facciamo attraverso l’arte, la musica, il teatro, il benessere: linguaggi universali che abbattono i muri e uniscono le persone.”

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Un pozzo di memoria e speranza: in Africa l’acqua scorre nel nome delle vittime innocenti di camorra

Un pozzo d’acqua all’interno a Bunda, in Tanzania, Paese dell’Africa orientale, in memoria delle vittime innocenti di mafia. È quanto realizzato, insieme all’associazione Africa in Testa, da Emanuela Sannino figlia di Palma Scamardella, anch’essa uccisa a Pianura dalla camorra con cui però non ha mai avuto nulla a che fare. Il pozzo d’acqua nel villaggio Saint Francis è dedicato a Palma Scamardella, Gaetano Montanino, altra persona uccisa dalla criminalità organizzata, e a tutti quelli che hanno perso la vita in modo tragico.

Il grande cuore di Emanuela 

Emanuela, che aveva soltanto 15 mesi quando sua madre venne barbaramente uccisa il 12 dicembre del 1994, spiega: «Il progetto del pozzo in Africa, nasce da un pensiero che poi abbiamo scoperto comune mio e di Lucia, la vedova di Gaetano Montanino. Siamo da sempre il sostegno l’una dell’altra, e lo siamo state anche in questo progetto». L’idea di dare una speranza di vita alla comunità di Bunda costruendo un pozzo d’acqua sui valori della legalità arriva dopo un’esperienza da volo da parte di Emanuela, che presiede l’associazione che ricorda sua madre. «L’anno scorso mi sono regalata un’esperienza di volontariato in Africa, per il mio 31º compleanno. Volevo vivere la realtà di quei luoghi – afferma Sannino –  affinché quelle anime potessero aiutarmi a dire “grazie”, nonostante tutto». Emanuela sente di dire «grazie soprattutto a mia mamma vittima innocente di camorra a Pianura, certa che mi accompagni in ogni passo e sostenga in ogni caduta». Emanuela Sannino persegue con perseveranza l’obiettivo nel corso dell’anno, fino al raggiungimento dello scopo. Racconta ancora la figlia di Palma Scamardella: «Rientrata a Napoli, ho contattato nuovamente Franco Testa, allora presidente dell’associazione Africa in Testa Con cui sono partita (oggi il ruolo è ricoperto da sua moglie, Adele Gigante, anch’ella sempre in prima linea per quei bambini). Franco ci ha messo in contatto con Fabio Famiano, volontario dell’associazione, affinché questo sogno potesse prendere forma. E così è stato».

L’attivazione del pozzo

Ed ecco all’oggi, all’inaugurazione recente del pozzo d’acqua a Bunda assolutamente indispensabile per il sostentamento degli abitanti del villaggio Saint Francis abitato, afferma Adele Gigante, attuale presidente dell’associazione Africa in Testa e moglie di Franco Testa. «è gestito dalle piccole missionarie eucaristiche. Al suo interno vivono 70 bambini, di questi diciotto sono albini. Il villaggio è una scuola primaria che è gestito totalmente dalle suore e i proventi derivano dal 5×1000 sostenuto da Africa in Testa». All’ingresso del villaggio c’è una targa affissa su cui si legge: “Che sia oggi e sempre a Palma Scamardella, Gaetano Montanino e a tutte le vittime innocenti di camorra’’. Emanuela Sannino ha la gioia nel cuore, così come i volontari di Africa in Testa. «Ognuno, in questa storia, ha avuto un ruolo importante: ci siamo fidati, ci siamo sostenuti e abbiamo creduto in un sogno comune, che pian piano è diventato realtà. Questo pozzo nasce dal dolore trasformato in impegno. Dal bisogno di dare un senso a ciò che ci è stato tolto. È il simbolo di un amore che resiste, che sceglie di costruire, di unire, di donare. Come familiari, sappiamo cosa significa cercare giustizia e dignità. Oggi, in memoria dei nostri cari, abbiamo scelto la vita: perché l’acqua che scorre parli anche di loro, e della nostra forza silenziosa che non si arrende» conclude Emanuela. Emozionato anche Franco Testa della stessa Africa in Testa. «L’emozione è inspiegabile. Nulla nasce per caso. Sono felice per quanto fatto dai volontari. Che le vittime innocenti di camorra possano riposare in pace, che possa arrivare a loro il flusso di energia per quanto costruito grazie all’impegno di tutti i promotori».

 Palma Scamardella e Gaetano Montanino

Il 12 dicembre del 1994 Palma Scamardella ha appena pranzato a casa di sua madre al piano di sotto della palazzina di Pianura dove abita con suo marito e sua figlia Emanuela, di soli 15 mesi. La donna ritorna momentaneamente a casa sua per recuperare un effetto personale lasciando Emanuela in braccio alla nonna. È allora che si materializzano due sicari che avevano l’obiettivo di colpire Domenico Di Fusco, fedelissimo dei fratelli Lago ed esponente di spicco dell’omonimo clan con base proprio nel quartiere occidentale di Napoli, che abita proprio nella palazzina adiacente. I killer sbagliano obiettivo mentre sono appostati su delle scale che separano i due edifici: i loro spari non colpiscono la vittima designata ma l’incolpevole Palma, raggiunta alla testa da pallottola calibro 9. La donna muore sul colpo in una pozza di sangue. Per quella tragedia la giustizia non riuscirà ad individuare né gli esecutori materiali né tantomeno i mandanti. Gaetano Montanino, di professione guardia giurata, viene ucciso a 45 anni il 4 agosto del 2009 in piazza Mercato, nel centro di Napoli. Insieme ad un collega più giovane, il 25enne Fabio De Rosa, Montanino tenta di non cedere alla minaccia di quattro rapinatori che volevano sottrarre loro le armi d’ordinanza destinandole, dirà poi una sentenza della Corte di Assise di Appello di Napoli, al clan Mazzarella. Gaetano, rifiutando come il collega di cedere la pistola, viene raggiunto da 7 colpi di pistola sparati dai malviventi che non gli lasciano scampo. Il collega sarà ferito da 6 proiettili non ledendo però organi vitali. Saranno due le condanne a vent’anni di reclusione (nel 2012) per l’omicidio: due giovani individuati grazie anche alla testimonianza del collega De Rosa. Gaetano Montanino, nel 2013 sarà riconosciuto “vittima del dovere’’ con decreto del Capo di Polizia n. 599/c/3/GG/34.

di Antonio Sabbatino

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DUE SETTIMANE DI VOLONTARIATO, MUSICA E ARTI PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA

Fino al primo agosto, Cantiere Giovani darà vita, insieme a volontari italiani e stranieri, a due settimane di azioni locali nel cuore della periferia nord di Napoli. Le azioni, in collaborazione con Centro Astalli Sud, si svolgono nell’ambito del progetto internazionale “Voices for Change: Music and Volunteering for Environmental Justice”, promosso da CCIVS – Comitato di Coordinamento per il Servizio Volontario Internazionale presso UNESCO, Parigi e sostenuto dall’Unione Europea.

Ci sono luoghi dove il cemento domina il paesaggio, dove i colori si spengono e il silenzio racconta storie di attesa e desiderio. Ma è proprio lì, dove tutto sembra immobile, che può germogliare il cambiamento. Due i luoghi simbolo del territorio che verranno trasformati. Il centro giovanile “Il Cantiere” di Frattamaggiore, che si riempirà di piante e installazioni artistiche per continuare ad accogliere i giovani del territorio, le loro idee, suoni e speranze in un ambiente più green. Il Centro Astalli Sud di Grumo Nevano, casa per chi fugge da guerre e povertà, che sarà ripensato e ridipinto da volontari, operatori, migranti, con nuovi colori e fiori per diventare un rifugio più umano.

Ma queste non saranno solo opere di rigenerazione urbana. Saranno giorni di arte, musica e parola, dove i volontari – italiani e internazionali – daranno vita a laboratori creativi, eventi musicali e momenti di riflessione collettiva. Un canto nato dall’ascolto del mondo, che si intreccia con le storie locali e si fa eco in un progetto globale.

Tanti gli eventi gratuiti che animeranno le due settimane d’azione: “Parole in musica”, laboratorio di composizione di canzoni a partire da storie quotidiane; “La strada degli ombrelli”, installazione artistica per difenderci dal surriscaldamento globale; “Roof Garden”, terrazza viva di natura, incontri e racconti sotto le stelle; “Inclusione, diversità, giustizia climatica e sociale” workshop di riflessione e azione condivisa; “Home is where we build together” ripensare e ricolorare assieme un centro per rifugiati. Il tutto condito da cene sociali, cocomerate e djset… Le voci dei partecipanti saranno raccolte in video, interviste e creazioni artistiche, diventando messaggi per il futuro, riflessioni sulla giustizia ambientale, sull’inclusione, sulla possibilità di trasformare i margini in centri pulsanti di vita.

Il progetto si svolge in parallelo con azioni simili in Estonia, Turchia, Repubblica Ceca, Palestina, Kenya, Sudafrica, Ecuador e India, un coro di esperienze locali che costruisce un’unica sinfonia per il cambiamento globale.


Cantiere Giovani invita la cittadinanza a partecipare, curiosare, lasciarsi ispirare. Perché ogni piccolo gesto, ogni nota, ogni seme piantato insieme può diventare una voce per il cambiamento. Per maggiori informazioni: 334.8263852 – 334.8264497 – 375.5115128
www.cantieregiovani.org

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«L’amore salva»: la storia di Stefania, sopravvissuta al dolore e guidata da un angelo in corsia

Rimanere viva non è stato facile. Fisicamente e soprattutto emotivamente. Ma rimanere vivi dopo una tragedia, a volte, dona la forza capace di dare forza ad altri, regala la capacità di mettere in ordine le priorità, di insegnare a non arrendersi ma ad avere anche una coscienza diversa, più profonda e concreta di quanto sia preziosa la vita. E, sempre a volte, questi insegnamenti durano nel tempo.
Stefania Battipaglia è una giovane della provincia di Salerno che sei anni fa è rimasta coinvolta in un incidente in seguito al quale il fidanzato Raffaele ha perso la vita. Nei giorni più difficili ha incontrato un angelo, Gennaro, un operatore sanitario che le è stato accanto in ogni modo possibile, e anche impossibile. Le strade della ragazza e dell’uomo, poi, si sono separate ma il ricordo di quella dedizione, in questi anni hanno fatto parte anche della cura – o meglio del sollievo – ad un lutto devastante. Ed in virtù proprio di quell’amore la giovane nel corso del tempo ha più volte provato, imboccando più strade, a ritrovare quel Gennaro che tanto è stato importante nel momento più difficile. Ci ha provato cercando nell’ospedale dove era stata ricoverata, ci ha provato facendo delle ricerche tra i sanitari, ci ha provato senza mai riuscire, fino a quando non ha provato a utilizzare i social, come ultima spiaggia. E, va detto, i social messi in moto dall’amore hanno fatto un piccolo miracolo: in tantissimi hanno preso a cuore il desiderio della giovane di ritrovare quell’angelo in tenuta da infermiere, il popolo del web ha fatto ricerche, incrociato dati, chiesto informazioni. C’è chi si è andato a studiare l’organico dei reparti dei vari ospedali campani seguendo la “traccia” lasciata da Gennaro dal nosocomio salernitano dove la ragazza era ricoverata fino a raggiungere quello napoletano dove attualmente lavora. Qualche giorno fa, il momento più commovente: la telefonata dell’uomo alla ragazza, iniziata con la lettura del biglietto che la giovane aveva scritto e lasciato sul cuscino prima di lasciare il reparto, e che l’uomo ha conservato per tutto questo tempo.
Partiamo dalla fine, Stefania. partiamo da questa piccola gioia. Dopo sei anni hai trovato il tuo angelo custode grazie alla mobilitazione delle persone che hanno letto la tua storia. Forse questa ondata di affetto è ancora più importante del fatto di averlo trovato…
«Non mi aspettavo così tanta attenzione da parte della gente, tantissimi hanno provato ad aiutarmi. Ci sono tante brave persone in giro. E sono profondamente grata per questa ondata d’amore, in fondo non è tutto così scontato».
Come è andata? Si è ricordato di te? Quali sono le prime cose che vi siete detti?
«Mi ha telefonato lui, gli hanno lasciato il mio numero di telefono. Ho detto “pronto?”, non sapevo chi fosse dall’altra parte del telefono… e Gennaro mi ha letto il bigliettino che gli avevo lasciato sotto al cuscino quando mi hanno dimessa dall’ospedale. Lo aveva conservato. Mi ha anche presa un po’ in giro, mi ha detto: “Sei sicura che sono io il Gennaro che cerchi?”. È stato veramente emozionante».
Vi incontrerete di persona: cosa gli dirai?
«Spero di poterlo abbracciare presto. È la cosa che più desidero. Continuerò a ringraziarlo e più e più volte gli ricorderò della bellissima persona che è».
Tornando un po’ indietro, cosa ti ha spinto, al tempo, a iniziare a cercarlo? In che modo lo hai fatto?
«Mi hanno dimessa il pomeriggio del 19 agosto e Gennaro non era di turno. Sin da subito ho provato a cercarlo, ho chiesto in ospedale in occasione di un controllo in ortopedia e mi dissero che aveva vinto un concorso ma che non potevano darmi informazioni per privacy. Ci rimasi molto male. Nel corso del tempo ho scaricato bandi di concorso, elenchi di OSS, infermieri… insomma il mio cellulare era pieno di documenti. Ma nessuna ricerca è mai andata a buon fine. Non potevo arrendermi, però, e ho pensato di scrivere un post su Facebook, riflettendo sul fatto che magari un social mi avrebbe aiutata. Se solo lo avessi fatto prima…».
In quei giorni così duri, questo operatore sanitario è stato la tua ancora di salvezza per non sprofondare del tutto. In che modo cercava di alleviare il tuo dolore?
«Piangevo, piangevo e piangevo. La disperazione era tanta. Chiedevo di Raffaele, il mio fidanzato, non mi importava nient’altro. Il dolore fisico era l’ultimo dei miei pensieri. Ferma immobile su quel lettino, vedevo con la coda dell’occhio il volto di Gennaro sporgere dalla porta della stanza per vedere se stavo riposando un po’ altrimenti entrava e faceva di tutto per provare a strapparmi le lacrime dagli occhi. Non sono frasi fatte perché era davvero così. Un angelo che con le sue battute e le sue parole di conforto trovava il modo di spronarmi per mettermi di nuovo in piedi».
Si sente tanto spesso parlare di pazienti non seguiti come si deve. Cosa vorresti dire ai colleghi di Gennaro?
«Fate il vostro lavoro con amore, sempre. Forse può sembrare una cosa banale e scontata ma chi soffre in un letto d’ospedale ha davvero bisogno di qualcuno che gli alleggerisca il macigno che porta dentro. È importante anche la cura dell’anima. Soprattutto la cura dell’anima».
Sei stata curata dopo l’incidente che aveva causato ferite fisiche, ma non solo nel corpo…
«La ferita più grande la porto dentro al cuore. Sono passati quasi 6 anni da quella notte e ho molta strada da percorrere ancora in salita. Ho attacchi di panico, i ricordi riaffiorano così come la rabbia perché Raffaele non meritava di lasciarci per colpa di una persona del tutto irresponsabile. La vita è una, prima di adottare dei comportamenti irresponsabili che possono avere conseguenze irreparabili bisogna veramente riflettere. A volte le persone pensano di vivere in un videogioco, game over e ricominci la partita. E invece non ricominci mai più. Le ferite te le porti addosso, e non si torna indietro purtroppo. Il dolore vero lo porti dentro e quello nessuno può vederlo, e allora devi essere fortunata ad avere amore intorno. Io lo sono stata. Tempo fa ho fatto un tatuaggio, “L’amore salva”, e racchiude un po’ la mia fortuna più grande. Sono circondata d’amore. E non posso che esserne grata».
La tua ricerca in qualche modo è la testimonianza che una tragedia ti può mettere in connessione con il cuore delle persone. Con il cuore di Gennaro e delle persone che si sono prese cura di te, ma anche con il cuore di chi si è mobilitato per permetterti di ritrovarlo. Ti senti di dire qualcosa su questo?
«Nonostante tutto sono riconoscente alla vita perché l’amore genera amore. Sempre».
Gennaro M. dopo quegli anni impegnato negli ospedali della provincia salernitana, attualmente lavora al Cardarelli.
Stefania Battipaglia, oggi quasi 34enne, all’età di 28 anni rimase coinvolta in un incidente terribile in seguito al quale il fidanzato Raffaele perse la vita. Ogni anno, dal 2020 Stefania organizza una donazione di sangue in ricordo di Raffaele e delle vittime innocenti della strada nel giorno del compleanno del ragazzo.
                                                             di Nadia Labriola

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