Incendio Vesuvio, proseguono le azioni di contrasto. L’Ente Parco: “programmare e implementare le attività di prevenzione”

Mentre continuano le attività di spegnimento e bonifica sulle aree attraversate dal fuoco nella giornata di domenica 4 agosto 2024, l’Ente Parco, progetta nuove azioni, da attuare rapidamente, per rafforzare la prevenzione e la sensibilizzazione in materia di prevenzione incendi.
Come è noto, l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio non ha competenze dirette in materia di incendi boschivi, ma mette in campo ogni anno molteplici attività legate alla prevenzione e soprattutto previsione.
Le attività messe in campo dall’Ente si sostanziano nel  monitoraggio e nella  redazione del Piano AIB, in numerose attività trasversali legate alla bonifica e rinaturalizzazione delle aree colpite da incendio, con risvolti sulla prevenzione degli incendi boschivi, nella redazione del Piano di Gestione Forestale e dei Piani di Gestione dei Siti Natura 2000, la cui attuazione concorre alla mitigazione del rischio incendi.
Con questa programmazione l’Ente Parco punta quindi ad aumentare capillarmente il controllo del territorio protetto contrastando il fenomeno ormai diffuso su tutto il territorio nazionale, dell’abbandono della terra, con effetti negativi sulla produzione di biodiversità agricola e gravi conseguenze sulla fornitura di processi ecosistemici, fondamentali a garantire la stabilità degli ecosistemi e la salute umana.
È infatti universalmente riconosciuto il concetto di “alto valore agricolo”, prettamente europeo, che riconosce alla agricoltura di qualità e condotta con tecniche sostenibili vari aspetti vantaggiosi tra i quali la conservazione della biodiversità, il mantenimento degli habitat, e la riduzione del rischio d’incendio.
A partire da settembre, l’Ente Parco avvierà un censimento delle aree incolte e abbandonate nel territorio dell’area protetta. «Abbiamo già posto le basi – dichiara il Presidente dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, Raffaele De Luca- per affidare queste terre a giovani agricoltori o cooperative giovanili interessate a coltivare la terra e produrre le eccellenze vesuviane conosciute in tutto il mondo. Questa iniziativa- aggiunge De Luca- porterà un duplice vantaggio: aumentare il controllo del territorio, grazie all’impegno degli agricoltori che, con la costante pulizia dei propri terreni, contribuiranno a mitigare le possibilità di innesco degli incendi, e offrire opportunità ai giovani che vogliono avviare attività agricole, promuovendo le tradizioni agricole locali».

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CSV Napoli aderisce al progetto “Costruiamo Gentilezza” che vede la Città Metropolitana di Napoli Capitale nazionale per l’anno 2024

CSV Napoli aderisce al progetto “Costruiamo Gentilezza” firmando un patto di partecipazione con la Città Metropolitana di Napoli che, in rappresentanza dei circa 40 Comuni dell’area metropolitana aderenti alla Rete dei Comitati Unici di Garanzia e insieme con i Comuni della Daunia, ha ricevuto il titolo di Capitale Nazionale di Costruiamo Gentilezza 2024.

L’accordo è stato siglato tra Nicola Caprio, presidente del Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) Napoli, e Renata Monda, referente del progetto per la Città Metropolitana di Napoli. Così facendo il CSV Napoli si impegna a coinvolgere la propria comunità nel progetto e ad attuarne i principi: Essere gentili con amore, promuovendo la conoscenza e la pratica della cultura della gentilezza, Fare gentilezza per il bene comune, generando e costruendo pratiche gentili partecipate a costo zero, e Diffondere gentilezza con l’esempio, raccontando e condividendo le esperienze di pratiche gentili.

«Siamo orgogliosi – spiega Nicola Caprio, presidente del CSV Napoli – di abbracciare questo progetto. La gentilezza è un valore e anche una pratica che potrebbe aiutarci a costruire comunità solidali e consapevoli. Ascolto, condivisione e propensione al donarsi è nelle corde di ogni volontario, per questo ci è sembrato logico aderire a questo progetto per la creazione di pratiche gentili, favorendo l’evoluzione umana e comunitaria».

Il CSV, che ha anche sottoscritto l’impegno a promuovere iniziative nell’ambito del titolo di Capitale nazionale della Gentilezza assegnato all’Ente di piazza Matteotti, ha in programma di declinare ‘pratiche gentili’ a partire dai suoi tanti sportelli di ascolto diffusi sul territorio.

“Sono molto orgogliosa – ha commentato la Consigliera delegata alle Pari Opportunità della Città Metropolitana di Napoli, Ilaria Abagnale, responsabile del progetto Città Metropolitana di Napoli Capitale italiana di Costruiamo Gentilezza – che questo progetto continui ad ampliarsi e a camminare anche sulle gambe dei volontari del CSV Napoli, con cui ho già il piacere di collaborare in maniera molto proficua. Si tratta di un tassello ulteriore che si aggiunge alle tante adesioni ricevute finora, alle tante iniziative già messe in campo e alle altre in programma da qui alla fine dell’anno. Lavoriamo tutti insieme affinché la gentilezza diventi un modus operandi delle politiche pubbliche”.

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Il “fronte caldo” del disagio psichico: gestire l’estate può diventare un problema 

L’estate è (anche) dilatazione del tempo: orizzonti mentali che si allungano, pensieri che inevitabilmente smettono di fare lo scatto del centometrista per adeguarsi al passo cadenzato e lento. L’estate porta sempre con14 sé qualcosa che si ferma. Meglio ancora: si interrompe. La scuola, il lavoro. Un bene per molti, un problema per tanti altri. Per esempio, per chi soffre di disagio psichico, che può vedere nella fine delle abitudini una difficoltà di adattamento, un cambio di contesto che non aiuta. Spiega Armando Cozzuto, presidente ordine degli psicologi della Campania: «Nel periodo estivo di solito succede che ci sia più spazio per attività ludiche e familiari, per le vacanze.
Ma tante volte, per chi vive il disagio psichico, il lavoro può fungere da distrattore, per cui chi trova beneficio nel lavoro, che magari mi consente di uscire di casa ed evitare conflittualità relazionali e familiari, in estate va in difficoltà, comincia ad avere difficoltà nel sonno, irascibilità. Poi c’è chi magari non può permettersi le vacanze e deve gestire la solitudine mentre tutti partono». Cozzuto, comunque, ci tiene a specificare che generalizzare, in psicologia, è sempre sbagliato: «La vacanza può portare giovamento ma c’è chi trova difficoltà se non ha qualcosa di tangibile in cui impegnarsi. Il quadro complessivo va tenuto presente al di là delle fragilità». Insomma, non per tutti la calda stagione è il periodo migliore, quello tanto atteso dalla stragrande maggioranza delle persone. Per questa minoranza, già alle prese con uno stigma complicato da superare, c’è poi spesso anche una diminuzione degli aiuti, difatti gli Enti Locali istituzionalmente deputati alla cura e ai processi riabilitativi pur garantendo l’apertura, comunque vanno incontro ad un rallentamento. Dice Elena Primicile Carafa, educatrice dell’associazione di promozione sociale Nakote, attiva nel campo della salute mentale: «I servizi per le persone con il disagio psichico nel periodo estivo spesso entrano in difficoltà. Negli anni precedenti si svolgevano molte più attività, essendo questo un periodo delicato, dove sono concentrati maggiormente casi di suicidio, come ad esempio soggiorni estivi, piccola balneazione e gite fuori porta dove si accoglievano queste persone, anche grazie al CSV   e al Progetto “Comunità Solidali ”ora la situazione è peggiorata, soprattutto perché a livello nazionale è diminuito il budget di salute messo a disposizione».
Fortunatamente, ci sono delle eccezioni, figlie della collaborazione tra il volontariato e le istituzioni: «Nell’area flegrea e nei territori di competenza dei distretti dell’area Ovest di Napoli (Pianura, Soccavo, Fuorigrotta, Bagnoli) siamo riusciti a garantire un soggiorno estivo di 5 giorni ad Agropoli nel mese di giugno, grazie all’associazione Asfodelo. In più il lido dell’Aeronautica garantisce attraverso una apposita richiesta certificata, diversi posti agli Enti e alle associazioni che si occupano di disabilità. La nostra associazione, inoltre, offre passeggiate naturalistiche e laboratori presso la Riserva Statale Oasi WWF Cratere degli Astroni, avvalorate ulteriormente dal comune di Napoli attraverso il Progetto Affabulazione che porta il teatro e la musica nelle periferie della città con il coinvolgimento degli abitanti compresi quelli fragili.  La situazione comunque resta difficile e allora vale la pena ricordare che in Campania è sempre in piedi il servizio dello psicologo di base: due per ogni distretto sanitario, che possono garantire un ciclo di 8 colloqui. Nella nostra Regione per potenziare la rete dell’assistenza psicologica è stato effettuato un investimento complessivo di 40 milioni di euro, una parte dei quali dedicati al protocollo per le famiglie con minori dai tre ai 18 anni. Sono stati, inoltre, banditi i concorsi. Il problema, tuttavia, è che gli psicologi che lavorano in modo strutturale nel servizio sanitario nazionale e regionale della Campania sono ancora pochi. Spiega ancora Cozzuto: «Quando mi sono insediato, nel 2020, ho chiesto, tra le altre cose, una Commissione sanità e abbiamo messo su un questionario per andare a reperire i dati. Nel 2020 ci aggiravamo tra i 270 e i 280 colleghi in tutta la Campania. In alcune Asl c’era uno psicologo che copriva un’utenza di 50-60000 cittadini. Ora la situazione è migliorata, ma soltanto il 5% degli iscritti trova lavoro nelle aziende sanitarie locali e quelle ospedaliere: un dato ancora molto basso. Siamo 10000 in Campania, oltre 140.000 in tutt’Italia ed è un numero che dovrebbe crescere, anche se bisogna ammettere che qualcosa sta cambiando». Le carenze, comunque, restano. Dal suo osservatorio privilegiato, cioè dal punto di vista di chi vive questa problematica sul campo, Elena Primicile Carafa ammonisce: «C’è un gran bisogno di percorsi di autonomizzazione, di co-housing, di gruppi appartamento: il servizio pubblico, preso dalle continue emergenze, che sono aumentate notevolmente dopo la pandemia, non riesce a garantire tutto ciò e tanti progetti spesso annaspano».
di Francesco Gravetti 

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«Guardare i giovani con gli occhi del bene». La ricetta di suor Simona Biondin ispirata all’educazione e alla solidarietà

Suor Simona Biondin, 50 anni, laureata all’Orientale e consorella dell’Ordine delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli, ha una vasta esperienza nel campo dell’istruzione, della formazione professionale e della solidarietà rivolta ai giovani. In qualità di direttrice dell’Istituto Mater Dei di Napoli, Suor Simona si impegna con dedizione a fornire un percorso educativo e professionale di alta qualità aigiovani. L’Istituto accoglie studenti dai 14 ai 18 anni, offrendo corsi che vanno oltre la semplice
formazione tecnica-professionale, valorizzando sia la crescita umana che la preparazione professionale degli studenti.
Nota per la sua energia inesauribile, nel 2020 ha avviato, insieme con le consorelle, una serie di corsi di formazione professionale per ragazzi
desiderosi di apprendere un mestiere e costruirsi un futuro migliore, lontano dalla strada e dalle difficoltà che potrebbero incontrare.
Suor Simona lavora instancabilmente per reintegrare nel percorso formativo quei giovani che, per varie ragioni, non hanno completato il tradizionale percorso scolastico, contribuendo così
in modo significativo a ridurre la dispersione scolastica e a offrire prospettive lavorative concrete.
Qual è la sua opinione sui dati allarmanti riguardanti la dispersione scolastica, nella città metropolitana di Napoli?
«Il fallimento scolastico rappresenta una grande perdita, con ricadute sociali devastanti, in quanto i ragazzi coinvolti ne saranno segnati per tutta la vita. Però io ho molta fiducia, ho letto che i dati sono in leggero calo. La Regione
Campania sta lavorando in questa direzione con diversi progetti, tra cui anche l’Ecosistema Educativo Napoli Nord che aprirà a Casoria».
L’Istituto di Formazione Professionale Mater Dei aprirà una nuova sede a Casoria. Come nasce il nuovo progetto?
«A volte servono tragedie per attivare processi di rinascita. La nuova sede a Casoria, che aprirà nell’autunno del 2024 in Vico III San Mauro n.14, nasce a seguito di quanto accaduto a Caiva-
no, nel quartiere Parco Verde. Questo evento ha risvegliato le coscienze, portando a una collaborazione fruttuosa tra Governo e Regione. Dopo
un incontro con il Presidente De Luca e una visita all’Istituto di Formazione Professionale Mater Dei, è stato deciso di replicare questo modello di formazione. L’obiettivo della nuova sede è contrastare la dispersione scolastica e preparare i ragazzi per il mondo del lavoro,
offrendo corsi progettati in collaborazione con le aziende locali per garantire una formazione pratica e mirata».
Quali sono le scadenze previste per le iscrizioni e dove trovare tutte le informazioni per queste
opportunità?
«Le iscrizioni sono già aperte e c’è tempo fino al 30 settembre 2024. È stato svolto un capillare lavoro di orientamento nelle scuole medie e sull’intero territorio per aiutare i ragazzi, i docenti che li seguono e le loro famiglie a valutare questa nuova proposta formativa. Tutte le informazioni necessarie sono reperibili scrivendo a
direzione.poloeducativo@cfpmaterdei.it oppure telefonando al numero 334 7563731».
Suor Simona, qual è il suo approccio per assicurarsi che nessun giovane venga lasciato indietro e per infondere speranza e passione in coloro che possono sentirsi spenti a causa di difficoltà personali o familiari?
«Don Bosco diceva che “ogni giovane ha un punto accessibile al bene”; compito degli adulti è individuarlo. I miei collaboratori ed io cerchiamo di fare proprio questo: guardare i ragazzi e le ragazze con questi occhi, cercando di
scoprire quanto di bello custodiscono nei loro cuori, anche se si mostrano aggressivi, prepotenti, o svogliati. In apparenza possono sembrare duri, ma questo non deve demotivarci, anzi,
ci deve spingere a capire cosa nasconde questo atteggiamento e a trasformare le loro ferite in punti di forza. Questi sono gli “ultimi” a cui ho scelto di dedicare la mia vita. Ai ragazzi basta sapere che noi adulti ci siamo per loro, che non
li giudichiamo e che li amiamo; questo è ciò che dà loro fiducia e speranza. Credo che, se senti di essere stimato, hai anche la spinta a fare bene e a provarci».
Suor Simona, potrebbe condividere con noi il suosegreto per mantenere costantemente alta la sua
energia e disponibilità verso gli altri?
«Nessun segreto! Si chiama fede, passione e senso di responsabilità. La passione è il motore della vita di ciascuno di noi. Quando trovi il senso
della tua vita, ciò che ti appassiona, che ti fa innamorare, tutto diventa semplice e possibile. Io l’ho trovato scegliendo di dedicare la mia vita al Signore e ai ragazzi. Il senso e la direzione che
dai alla tua vita riescono a non farti sentire la stanchezza (e anche se la senti, sai affrontarla) e a continuare a camminare verso quella meta
che ripaga ogni sforzo».

Di Giovanna De Rosa

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Meri, il centro Vik e il lavoro (da volontari) con i ragazzi palestinesi

Lavora a Gaza da venti anni Meri Calvelli. O meglio, ci lavorava, perché a partire dal 7 ottobre 2023, nonostante tutti gli sforzi, entrare nella Striscia è impossibile.
Cooperante della Ong “ACS Italia” (Associazione di Cooperazione e Solidarietà in Palestina) e direttrice del Centro Italo-palestinese di Scambio Culturale VIK, si è fatta promotrice e coordinatrice di decine e decine di progetti. Centinaia di ragazze e ragazzi italiani hanno potuto partecipare a scambi culturali dentro Gaza e molti giovani gazawi, a loro volta, hanno avuto la possibilità di viaggiare, studiare e formarsi in Italia per poi rientrare a casa.
L’istituto “Vik”, il cui nome nasce come omaggio all’attivista italiano Vittorio Arrigoni, ucciso nella Striscia nel 2011, opera come centro di coordinamento di molteplici attività di scambio culturale con diverse associazioni italiane. Entrare e uscire da Gaza non era facile neanche prima del 7 ottobre. Anzi, senza una struttura che garantisse e lavorasse dall’interno per ottenere i permessi, l’impresa diventava spesso impossibile.
Il 27 dicembre 2023 sarebbero dovuti entrare nella Striscia 150 tra ragazzi e ragazze, la maggior parte italiani. “Avevamo già preparato le strutture per l’accoglienza e l’intero programma. Ma dopo il 7 ottobre si è chiusa ogni possibilità per le attività associative e i nostri progetti esistenti sono terminati”.
Le iniziative del centro culturale Vik erano rivolte ai giovani, alle donne, alle associazioni che facevano animazione educativa formale e non formale. L’approccio è sempre stato quello dello scambio, anche nella formazione, non c’è mai stata una imposizione dei programmi. Tantissime le attività sportive, come quelle circensi per le ragazze e il progetto “Gaza FREEstyle”, che a dicembre 2024 avrebbe spento la decima candelina.
Non sono certo mai mancate le difficoltà in questi anni. Proporre progetti sportivi dedicati ai giovani e alle donne di Gaza era diventato più complicato ultimamente. Lo skatepark del “Gaza FREEstyle” ad esempio, che era diventato un luogo vivo e abitato quotidianamente da centinaia di ragazzi e ragazze, è stato distrutto da Hamas a maggio 2023. “Non erano programmi di emergenza o di aiuto ma si trattava di attività che la popolazione giovanile richiedeva. Utili alla crescita sociale ma anche alla salute psicologica”.
ACS invece, è una delle Ong italiane presenti in tutta la Palestina, a Gaza ma anche in Cisgiordania. La maggior parte dei progetti si occupano di agricoltura, di sicurezza e emergenza alimentare. Nella Striscia i cooperanti e i volontari lavoravano insieme ai comitati degli agricoltori per costruire e portare avanti orti domestici. I beneficiari erano tutti coloro che avevano un pezzo di terreno inutilizzato accanto alle proprie abitazioni. Le attività si occupavano anche dell’allevamento, che insieme all’agricoltura e alla pesca è un’altra delle attività lavorative storicamente presenti a Gaza.
Uno degli ultimi progetti prevedeva la distribuzione di capre a una cooperativa di donne che si sarebbero occupate della produzione e della trasformazione del latte, più digeribile rispetto a quello di mucca. Un progetto sperimentale che non ha fatto in tempo a partire.
La cooperazione italiana finanziava anche programmi di gestione di rifiuti e di bonifica dei terreni, entrambi problemi molto importanti all’interno della Striscia. Le discariche troppo vicine alle abitazioni venivano chiuse o allontanate e al loro posto si piantavano alberi e altra vegetazione. Si tratta di progetti che intendevano risanare l’area nord di Gaza, quella che oggi risulta completamente distrutta dai bombardamenti a tappeto e dalle demolizioni operate dall’esercito israeliano.
“Quell’area – ci spiega Meri – era stata già in parte ricostruita dopo l’attacco israeliano del 2014, alcune case erano state rimesse in piedi dalla cooperazione italiana, con un piano regolatore preparato insieme alle municipalità. Come tutte o quasi le altre, anche le abitazioni da noi ricostruite sono state oggi completamente distrutte”. E di molte altre costruzioni non hanno notizie: “Non sappiamo che fine abbiano fatto numerose strutture, c’era anche uno stabile dedicato alle attività dei bambini e delle donne. Poco prima dell’attacco avevamo installato i dissalatori negli istituti scolastici e nei parchi, per permettere alle persone di rifornirsi di acqua potabile, perché nelle case arrivava salata”.
La situazione nella Striscia era in effetti molto difficile già prima del 7 ottobre: le frontiere continuavano ad essere chiuse e controllate da Israele, mancava il lavoro, l’elettricità era disponibile solo poche ore al giorno, il sistema fognario spesso non funzionava oppure veniva danneggiato dai bombardamenti. I permessi per lavorare fuori Gaza e quelli per far entrare o uscire le merci erano sempre a discrezione delle autorità israeliane. “Io lavoro dentro Gaza da venti anni ed enormi distruzioni ci sono state anche in passato, tra le ultime l’attacco del 2014 e Piombo Fuso. Ma questa è senza precedenti. Gaza è una Ground Zero”.
Dunque, i progetti sono di colpo terminati. Rimaneva l’emergenza e ACS l’ha gestita fin dalle prime settimane coordinando dall’Italia i volontari e lo staff palestinese rimasto dentro Gaza. Attraverso campagne di crowdfunding sono riusciti a inviare soldi allo staff perché li distribuissero come cash assistance alla popolazione.
Hanno coordinato una rete di contadini perché potessero raccogliere e distribuire i prodotti cresciuti negli orti e in alcuni campi. Hanno distribuito acqua e cibo. Insieme ad altre Ong hanno raccolto beni di prima necessità e organizzato container di aiuti umanitari. Ma l’ingresso dei camion non è stato garantito dalle autorità israeliane che anzi continuano a ostacolarlo, come denunciato più volte anche dalle Nazioni Unite.
“L’intento di noi operatori era ed è quello di entrare il prima possibile per dare una mano e dal primo momento abbiamo tutti chiesto a gran voce il cessate il fuoco”. Lavorare nelle condizioni attuali è estremamente difficile per le associazioni. Basti pensare che i fondi raccolti non possono che essere versati direttamente sui conti personali dei volontari e solo in quelle poche banche rimaste operative dentro la Striscia. Non solo, le somme devono rimanere minime, per evitare che gli istituti blocchino i conti, come tantissime volte è successo. I cooperanti palestinesi di ACS oggi organizzano dentro Gaza la distribuzione del cibo alle famiglie che non hanno più nulla da mangiare: i livelli di fame, malnutrizione, povertà, sono diventati estremi. Alcuni ragazzi e ragazze che grazie alla ong erano venuti in Italia per formarsi come cuochi stanno ora cucinando per centinaia di persone indigenti, quotidianamente, grazie ai fondi raccolti dall’associazione (quelli dei progetti europei e italiani al momento sono stati bloccati).
Anche internet può diventare un bene primario quando rappresenta l’unica possibilità per mettersi in contatto con i propri cari o con il resto del mondo. Per questo motivo l’organizzazione italiana ha acquistato e distribuito numerose e-sim che sono diventate router wifi aperti, segnalati e disponibili gratuitamente per la popolazione.
Meri tornerà a Gaza appena sarà possibile, così come tanti altri cooperanti, tutti pronti a ripartire, per l’ennesima volta, da zero.
Di Eliana Riva

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